Casato 1922 e il suo Soave austero dalle vigne vecchie

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Ho avuto modo di assaggiare il Soave prodotto da una piccola cantina di Colognola ai Colli, Casato 1922, e l’ho trovato particolarmente interessante. Casato 1922 si sta affacciando sul mercato con un progetto ben definito fin dal packaging, con una etichetta che mi piace molto e contribuisce a dare una immagine chiara delle intenzioni. Pur senza certificazioni, la viticoltura si ispira alla biodinamica. Alcune viti sono centenarie e vengono curate con amorevole passione. Che tristezza vedere come spesso da noi le vigne quando raggiungono venticinque anni vengano estirpate. In Francia a quell’età iniziano appena ad essere buone per produrre un grande vino.

Chiudo la polemica e passo al vino. La sensazione che ho avuto è stata quella di avere di fronte un Soave molto, troppo giovane. Il naso è di una grande pulizia, note di clorofilla e minerali accompagnano una pera non troppo matura e la mandorla. Il frutto è appunto giusto, non si rischia di sfumare nell’esotico di certi vini più maturi. Ci sono anche dei fiori bianchi molto delicati. Siamo per capirci nello spirito di uno Chablis, dove a dominare è spesso l’austerità piuttosto che la ricchezza. La potenza è controllata, c’è lunghezza senza mai debordare. Finale salino che fa pensare ad una evoluzione positiva per almeno cinque o sei anni.

Il produttore afferma di fermentare la garganega con le bucce per estrarre aromi e per dare più grinta al vino. Questo aspetto mi pare fin troppo in sottofondo, se si voleva accentuare il carattere, credo che si sarebbe potuto fare ed osare di più. Questa è l’unica critica che mi sento di fare, sapendo che siamo solo agli inizi e quindi c’è tempo per migliorarsi e aggiustare il tiro. Intanto mi sono goduto un Soave molto piacevole, e penso che per il momento basti.

Soave Vite Torta 2020 Casato 1922
(90/100)

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