Giuseppe D’Aquino ha portato Napoli sul Garda

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Prendi un cuoco che negli ultimi dieci anni ha portato alla stella Michelin due diversi ristoranti, fagli aprire un locale tutto suo dove possa evocare i sapori della sua terra natale e farai felice almeno due persone: lui, che sembrerà un ragazzino ridente che corre gioioso in un prato fiorito, e io, che ho finalmente l’opportunità di mangiare con frequenza una strepitosa cucina napoletana, anche se abito a settecento chilometri da Napoli; più tutti gli altri che potranno e vorranno sedere ai suoi tavoli.

Il cuoco è Giuseppe D’Aquino, ovviamente – si è capito – di origini napoletane. Ha aperto il ristorante Gesti a Bardolino, sulla riva veneta del lago di Garda. I gesti evocati dall’intitolazione sono quelli dell’altra lingua degli italiani, quella parlata con le mani; gli stessi che il geniale designer Bruno Munari fotografò e raccolse nell’immaginifico e prezioso “Supplemento al dizionario italiano”, volumetto che dovrebbe stare in tutte le case: che so, l’indice e il mignolo sollevati a fare le corna, le cinque dita raccolte a ciuffetto per chiedere “che vuoi?”, il mignolino ritto a significare “magro così”.

Anche il cucinare e il mangiare sono fatti di gesti. Per esempio, per me la gran parte della cucina napoletana si mangia con le mani, non con la forchetta e il coltello, il quale serve tutt’al più a porzionare la pizza. Infatti, è con le mani che da Giuseppe mi sono mangiato una golosa montanara con il pomodoro San Marzano, un paninetto goduriosissimo con la zucchina a scapece, la fragrante crocchè di patate, e mi sono anche leccato le dita prima di affrontare una pizza con il pomodoro, i capperi, le olive, l’origano e le alici di Cetara e il cornicione alto come si deve e la lievitazione sublime che mi sembrava di stare proprio a Napoli (e Giuseppe deve avere ricevuto i segreti dell’arte da un qualche dio della lievitazione), e poi anche il babà perfettissimo dalla bagna sapientemente misurata. La forchetta l’ho adoperata solo per i paccheri conditi con una succulenta genovese, ma giuro che se non ci fosse stata altra gente in sala avrei mangiato con le dita – coi gesti – anche quella (e comunque ci ho fatto la scarpetta, strappando con le mani il pane e intingendolo nel sugo).

Il ristorante – esempio di quella trattoria contemporanea, crogiolo di materie prime d’eccellenza e agire sapiente, che a mio avviso sarà il futuro della ristorazione italiana – è minimalista e accogliente, ricavato in una porzione delle vecchie cantine dei Guerrieri Rizzardi, addossate alle tracce della cinta muraria antica del paese. Alle pareti e nelle nicchie campeggiano simboli di oleografia napolentana: corni di ceramica d’ogni dimensione, busti di San Gennaro e mani che fanno gesti. Bellissime le stoviglie, fatte fare apposta da un artigiano di Vietri, dipinte con colori primaverili. Ci si accomoda nel dehors sulla via o nelle due salette interne, divise da un corridoietto nel quale sono appese le giacche stellate di Giuseppe: quelle degli anni all’Oseleta di Cavaion Veronese, quelle del ristorante Famiglia Rana di Oppeano.

Leggo sul sito di Gesti che si attendono nuove aperture a Milano e a Dubai. Auguro tanta fortuna al progetto. Io mi coccolo questa bellezza bardolinese, che mi ha portato un pezzo di Napoli in riva al mio lago, e sono felice.

Gesti – Via San Martino, 5 – Bardolino (Verona) – tel. 045 6315561