Il Paraluce che protegge il vino

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Gianfranco Comincioli, produttore di vino e di olio extravergine a Puegnago del Garda, sulla costa bresciana del “mio” lago, è quasi maniacale nella cura di ogni singolo dettaglio produttivo. I suoi oli, prodotti con il denocciolatore aziendale secondo la lezione di Luigi Veronelli, sono di una purezza cristallina, quintessenze d’oliva, puro succo, tripudio di aromi e vette di polifenoli. I suoi vini rossi rappresentano la massima interpretazione dell’uva principe dei luoghi, il groppello, unito ai tradizionali complementi di barbera, marzemino e sangiovese. Il bianco è baluardo di quell’autoctonia bianchista dimenticata che ha come simboli il trebbiano Valtènesi e l’erbamàt. Per preservare al meglio l’identità dei vini rossi e bianchi, destinati a prolungato invecchiamento, usa da molto tempo bottiglie di vetro scuro (fa eccezione per il solo Chiaretto, che ha tuttora in vetro chiaro) e chiusure tecniche ArdeaSeal. Solo che il vetro scuro non lo ritiene sufficiente. Infatti, negli anni ha notato che la sua protezione non basta. “L’esposizione diretta e indiretta alla luce artificiale o solare e l’esposizione ai raggi ultravioletti – dice – determina danni sensoriali anche in tempi brevi a tutti i prodotti alimentari“. Dunque, anche al vino. Per questo s’è messo a ricercare un complemento al vetro, con il supporto di ricercatori. Gli studi e le ricerche sono stati effettuati nei laboratori di analisi Enoconsulting di Erbusco, in Franciacorta. Ne è nato il Paraluce, marchio e design ideati, sviluppati e depositati dall’azienda agricola Comincioli. Si tratta di una sacca elastica in materiale tecnico nero. La trama non consente il passaggio né della luce, né dei raggi ultravioletti. Il vino, insomma, è al buio anche quand’è lasciato in una stanza illuminata, come avviene sugli scaffali dei ristoranti o delle enoteche. Aperta la bottiglia, il Paraluce lo puoi riusare su un’altra. Secondo Gianfranco Comincioli si tratta di “un gesto, un’attenzione in più verso il consumatore che si farà notare e che permetterà di assicurare a chi degusterà bottiglie protette con Paraluce di beneficiare di un’esperienza di degustazione massima sotto il profilo qualitativo e sensoriale”.

Le prime uscite del Paraluce avvengono in concomitanza con la presentazione di un altro progetto. Si chiama Alpha. Riguarda i rossi Gropél e Sulér e il bianco Perlì. “Dopo quarant’anni di esperienze – racconta Gianfranco -, con il Gropél 2015 abbiamo iniziato un nuovo percorso, destinato, di qui in poi a vini e vendemmie selezionate. Abbiamo deciso di riservare 1552 bottiglie per ogni annata, ritirandole dalla vendita. Queste verranno conservate nelle nostre cantine e riproposte solo dopo un percorso di maturazione in bottiglia di minimo tre anni”. Ora sono in nuova uscita i due rossi del 2015 e il bianco del 2018. Li ho assaggiati. Sono giovanissimi.

Perlì 2018 Comincioli. Come ho detto sopra, è fatto con il biotipo locale del trebbiano e con l’erbamàt. Si affina in botti di rovere e in acciaio inox. È un vino bianco che richiede un’attesa paziente e che si rivela con lentezza, negli anni. Ha tracce accattivanti di fiori di camomilla e una struttura solida, granitica, seppure attraversata dalla freschezza salina che rammenta i suoli gardesani. Ne ho in cantina varie annate, prima o poi farò una verticale per capire quando raggiunga l’apice. So però che berlo troppo giovane è un delitto. (88/100)

Riviera del Garda Classico Groppello Gropél 2015 Comincioli. Un anno fa, nel gennaio del 2022, lo recensivo dicendo che è un rosso che ricorda l’origine antica dell’appassimento nella zona (in questo caso, appassimento brevissimo, parziale), e che pure prende slancio da quella perfetta adesione a quell’indole saline che è tipica dei paesaggi di morena benacense. Aggiungevo che si tratta di “un vino aristocratico eppure fedelissimo compagno della tavola” (mi autocito). Al riassaggio a distanza di un anno, confermo e dico anzi che l’eleganza di questo vino gardesano si è fatta ancora più fine e la sua prerogativa territoriale è oggi ancora più rimarchevole. (92/100)

Riviera del Garda Classico Rosso Superiore Sulér 2015 Comincioli. Il Sulér è il frutto dell’appassimento in solaio delle uve dalle vigne più vecchie: ci stanno per venti o trenta giorni. Chi ritenesse che far appassire le uve in Valtènesi sia seguire mode altrui non conosce la storia. Nel Settecento, il veronese Scipione Maffei, scrivendo dell’antico Acinatico menzionato da Cassiodoro per l’epoca romana, affermava che quel vino da uva appassite “si fa anche nel Bresciano di qua dal Chiesio, e dovea farsi anche in quel tempo; ma con tutto ciò solamente a’ Decurioni Veronesi se ne fa richiesta, perchè quel tratto era allora del Veronese”. Di qua dal fiume Chiese, nel Bresciano, c’è la Valtènesi di Comincioli, e Puegnago, pur essendo in provincia di Brescia, è tuttora l’ultimo lembo occodentale della Diocesi di Verona. Chi non avesse mai provato il Sulér, sappia che vi troverà frutto concentratissimo, acidità e sale: la storia e il territorio che si fondono. (92/100)