La Valpolicella sta vivendo un periodo di ripensamento. Il mercato non è più così favorevole come prima per i vinoni, cosicché Amarone e Ripasso stentano; si ripensa al Valpolicella e al Superiore, ma non vedo ancora imboccare una strada precisa. Ci sta. Serve un po’ di tempo per riassestarsi. Però c’è movimento. Per esempio, ho molto apprezzato il fatto che una delle famiglie produttrici che preferisco della zona classica, i Mazzi della contrada di San Peretto, nel comune di Negrar, abbia deciso di passare al tappo a vite per il proprio Valpolicella Classico.
In effetti, sin qui non sono stati moltissimi i valpolicellisti che hanno deciso di saltare il fosso e abbandonare le chiusure tappo raso per passare alla capsula a vite. Purtroppo in Italia sono ancora troppi, fra i consumatori e fra i ristoratori, a storcere il naso quando un vino, soprattutto rosso, è in tappo a vite. Ma, grazie al cielo, qualcosa sta cambiando. Piano, ma sta cambiando. E mi fa stra-piacere che i Mazzi abbiano fatto questa scelta, almeno per il Valpolicella “d’ingresso”, che hanno chiamato Inatteso. Inatteso perché anche qui in Valpolicella il tappo a vite desta tuttora un po’ di stupore. A me stupisce che ci si stupisca, ma per ora il mondo, purtroppo, va così, e dunque apprezzo ancora di più la decisione.
Questo Inatteso, annata 2024, è piacevole. Chiaro di colore, succosissimo di lampone e di melagrana, qualche spezia minuta, che si farà avanti con maggiore intensità all’evoluzione (sissignori, i vini in tappo a vite evolvono, e lo fanno benissimo), ottima beva, gusto secco. Insomma, buono.
Mi ha fatto piacere, poi, che per lanciare il loro Inatteso a vite tra i ristoratori, i Mazzi abbiano chiamato a casa loro un’altra azienda veronese, ma del Soave, che ha fatto della vita una bandiera. Mi riferisco a Suavia, che i suoi Soave delle colline classiche li mette tutti in screwcap. A casa dei Mazzi ho così potuto riassaggiare i tre cru, ossia Fittà, Castellaro e Tremenalto, di cui avevo già scritto qualche tempo fa, ritrovandoli in forma magnifica, e poi il Massifitti, rocciosissimo trebbiano, e ancora il Monte Carbonare, che è tra i miei costanti punti di riferimento soavesi, e anche il Soave giovane, d’annata, del 2024, che confermo aver dato un’interpretazione vibrante di un’annata difficile. Tutto a vite, giusto per confermare che i grandi vini stanno benissimo con questa chiusura.
Mi piace questa collaborazione tra un’azienda della Valpolicella e una del Soave, e mi piacerebbe ancora di più che questo genere di ibridazioni si facesse più diffuso. Bravi i Mazzi, brave le sorelle Tessari di Suavia. Avanti gli altri, adesso. Dai, un po’ di coraggio.
Valpolicella Classico Inatteso 2024 Roberto Mazzi e Figli
(88/100)
Soave Classico 2024 Suavia
(91/100)


