E se la regina dell’Oltrepò fosse la Bonarda vivace?

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Io capisco che si voglia fare il Pinot Nero, perché è un vino nobile, e qualche volta viene nobile davvero. Capisco anche che si vogliano fare gli spumanti metodo classico, perché c’è storia di spumantizzazione, e qualche volta i risultati sono notevoli. Però, vivaddio, se in Oltrepò Pavese c’è un vino unico nel suo genere e del tutto modernamente antico come la Bonarda frizzante, perché non ergere a monumento del territorio questo bendiddìo, e lavorarci sopra, e insistere, e farne un simbolo, un emblema?

Ho detto che è modernamente antica, la Bonarda frizzante, perché rievoca i vini rustici e selvatici del passato, ha corpo deciso e colore violaceo marcato, e nello stesso tempo ha il brio e l’immediatezza che piacciono sempre di più, e ha quel fruttino quasi masticabile che sa di caramellina alla mora e fa simpatia. Insomma, è un’antichità del tutto al passo coi tempi, e soprattutto di questi tempi in cui si cercano sempre di più vini che siano più facili da bere, o almeno ne diano l’impressione.

Ho anche detto che è un vino unico nel suo genere, perché ha una potenza maggiore rispetto al Lambrusco, ed è l’effetto della croatina e dei suoli.

Insomma, tutt’insieme, la Bonarda che frizza mi pare una possibile risposta tradizionalmente contemporanea alla crisi attuale del vino rosso. Se fossi in Oltrepò, ci lavorerei sopra per bene, ci investirei.

Queste cose le ho pensate mentre avevo nel bicchiere la generosa Bonarda vivace la Riva di Sass di Francesco Quaquarini, fatta con l’uva crotina nell’annata del 2022, compagna in apparenza disimpegnata della mia tavola, e in realtà invece assai seria. Versata moderatamente fresca, l’ho bevuta con piacere. E mi ha fatto riflettere.

Presa on line sui 10 euro.

Bonarda dell’Oltrepò Pavese frizzante La Riva di Sass 2022 Francesco Quaquarini
(88/100)

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