Il rosato è una scelta agronomica, e la scelta paga

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È vero che bisogna essere sempre pronti a farsi sorprendere, ma se qualcuno mi avesse detto che mi sarei entusiasmato ad assaggiare un Rosato di un produttore di Brunello di Montalcino, l’avrei preso per matto, anche perché in genere considero il sangiovese un’uva sostanzialmente poco idonea a fare vini rosa. Infatti, se la si raccoglie prematura il vino avrà degli insopportabili tannini verdi e se la si vendemmia più avanti, al momento della raccolta per i rossi, il vino uscirà troppo tannico e troppo alcolico e insomma tutto troppo. Però incontrandolo a Vinitaly, Marcello Bucci, che fa Brunello con la sua cantina Collemattoni, mi ha spiazzato subito dicendo: “Per me il Rosato è una scelta agronomica“, le quali parole sono miele per le mie orecchie, giacché le vado ripetendo, spesso inascoltato, da parecchi anni.

Non ho alcun dubbio: un grande vino rosa nasce solo da un vigneto coltivato, gestito, accudito con lo specifico obiettivo di cavarci delle uve adatte a fare vino rosa. Piantiamola di pensare che il vino rosa si possa fare con i diradamenti dei filari del rosso o con il salasso delle masse destinate a fare il rosso, perché in quei casi se ne otterrà un vino di risulta, se non di scarto, e gli scarti sono scarti. Sentirlo confermare da un brunellista mi ha aperto il cuore.

Il suo Rosato 2022, tutto fatto col sangiovese, sa di fiori appassiti e di vermouth ed è piccantino di pepe bianco. Parte succosso, ha lo stacco salato che inonda il palato di saliva e poi ha il finale asciutto e lunghissimo e sapido e perfino tannico, ed è un tannino serico e consolatorio; insomma, ha quelle tre fasi che per me sono tipiche e irrinunciabili di un vino rosa di valore. Un gran bel Rosato, sissignori. Ho assaggiato anche la prova di vasca del Rosato 2023, e ci ho trovato ancora quei profumi di vermouth che mettono insieme il frutto, i fiori secchi e le spezie, magari con una presenza un po’ meno palese del precedente, ma occorre considerare che si tratta di un giovinetto e che beneficerà della sosta nel vetro (e comunque, il piccantino pepato c’è anche qui).

Insomma, chi l’avrebbe mai detto che nella mia ideale lista dei vini rosa italiani imperdibili avrei visto irrompere un Rosato toscano fatto con il sangiovese, e però con un sangiovese coltivato apposta per farci un Rosato. Evviva.

Toscana Rosato 2022 Collemattoni
(92/100)

Toscana Rosato 2023 Collemattoni
(90/100)

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