La bottiglia di vetro ha il fiato corto, lo dice il ProWein

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Una grossa fetta del settore italiano del vino considera il ProWein come la fiera fondamentale per chi abbia una propensione marcatamente internazionale. Bene, allora sarebbe il caso di prendere in seria considerazione i segnali la rassegna tedesca propone perodicamente agli utenti. Per esempio, di recente il ProWein ha pubblicato un’analisi a firma di Paula Redes Sidore e Stuart Pigott sui trend attesi per i vini confezionati in modalità alternative. La relazione sostiene che la diffusione dei bag in box, delle bottiglie in pet, delle lattine e insomma dei sistemi di confezionamento del vino diversi dal vetro avrà una portata simile a quella che ebbe l’introduzione dei tappi a vite una ventina di anni fa. D’accordo, il tappo a vite ha avuto e ha delle resistenze, ma ha comunque conquistato una fetta di mercato consistente. Si respira aria di rivoluzione. Bisogna vedere se quest’arietta saprà trasformarsi in un vento impetuoso, ma da parte del mondo produttivo italiano, probabilmente il più conservatore di tutti, è opportuno che ci si rifletta.

Perché il packaging del vino ripensato adesso?” si chiedono Paula Redes Sidore e Stuart Pigott. La risposta la danno subito dopo: “Per lo stesso motivo per cui il passaggio alle energie rinnovabili è stato accelerato dalla guerra in Ucraina“. La produzione di vetro, quando il vetro c’è, è ad alto consumo energetico, e con i costi attuali dell’energia il vetro è diventato carissimo. Il suo trasporto, poi, è ad alta impronta carbonica, e anche questo è un problema, ora che è cresciuta l’attenzione alla sostenibilità. Il bag in box è più sostenibile del vetro, una confezione da tre litri sostituisce quattro bottiglie ed è facilmente separabile e smaltibile, in più è sufficientemente compatta da essere tenuta in frigo, a vantaggio del consumatore che non ha sprechi, e magari risparmia anche, stante che i tre litri di vino contenuti nella sacca inscatolata possono spuntare prezzi inferiori a quelli di quattro bottiglie dello stesso vino. “Benvenuti nell’economia e nell’ergonomia del vino del ventunesimo secolo!” esclamano gli autori del pezzo. Ma davvero pronti ad accogliere questo saluto di benvenuto?

So bene che da parte di molti produttori c’è la convinzione che i consumatori non siano pronti a un passaggio del genere. Invece pare che sia vero il contrario, che insomma a non essere pronti culturalmente siano proprio i produttori. Eppure all’estero il bag in box è già usato anche da alcuni grandi nomi del vino. In Germania lo utilizzano aziende come Dönnhoff, Maximin Grünhaus e Leitz. Addirittura, c’è chi sta puntando sul bag in box da un litro e mezzo, che sembra ridurre l’impronta carbonica di circa il novanta per cento rispetto a due bottiglie di vetro da 75 centilitri. Negli Stati Uniti, il wine maker della Tablas Creek, Jason Haas, ha deciso di confezionare tutto in bag in box. “Il pubblico – dice – è più che aperto rispetto all’utilizzo di un packaging alternativo. Pensavo che dovesse essere questo l’ostacolo maggiore, ma si è rivelato non essere un grosso problema”. Semmai, il problema è la carenza di stazioni mobili di confezionamento in bag in box, in California come in Italia. E ovviamente quando si parla di strutture mobili dedite ai confezionamenti alternativi non c’è in ballo solo il bag in box.

Occhio, però, che se dormiamo c’è chi ci supera il curva, e poi sono dolori. Negli Stati Uniti è noto che si stanno diffondendo i vini chiusi in lattine di alluminio riciclabili. L’azienda cilena Miguel Torres è entrata nel monopolio svedese Systembolaget con il suo vino rosso in bottiglia di pet. Ovvio che nel pet, in lattina o nei bag in box non ci puoi mettere vini da lungo invecchiamento, ma i vini di pronto consumo sono tantissimi, e trovare delle alternative al vetro è questione di economicità, di praticità, di sostenibilità e anche, come conseguenza, di marketing.

Il macigno, qui in Italia, rimane quello che ho già sottolineato molte volte: abbiamo un sistema regolamentare vetusto, che frena pesantemente il libero utilizzo dei sistemi alternativi di tappatura e di confezionamento. Il bag in box, per esempio, è vietato dalle norme nazionali per i vini a denominazione di origine che rechino una menzione aggiuntiva. Per dire, un Soave può andare in bag in box, un Soave Classico no, perché Classico è una menzione aggiuntiva. Si tratta di una situazione semplicemente assurda e paradossale. Speravo che arrivasse presto una norma liberale, ma non sono più così fiducioso, perché il tempo passa e le resistenze conservatoristiche non demordono. Poi non lamentiamoci, se le giacenze di vino invenduto crescono.