Del bere, del darsi un tono e del discriminare

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In merito alla tanto discussa trasmissione televisiva nel corso della quale si è ingiustificatamente affermato che le donne berrebbero per darsi un tono e che le stesse donne non dovrebbero mai e poi mai bere da sole, mi sento di aggiungere una cosa sola alle infinite obiezioni indignate già sollevate da molti, e cioè che sono stufo, stramaledettamente stufo di sentire e di leggere distinzioni che si basano sul sesso e sul genere e sul colore della pelle e sulla nascita e sul reddito e sulla religione.

Per me, esistono soltanto le persone, che sono fatte di un corpo e di molti sentimenti e di intelligenza e di passione. Non gli individui, che sono solo numeri, prede di poteri feroci e di speculatori voraci: le persone, che sono una diversa dall’altra, e la loro infinita diversità è quel che arricchisce di talenti e di contenuti e di visioni e di sfumature e di pensiero la vita e l’umanità, ed è il libero arbitrio che dà luogo al manifestarsi di una simile ricchezza.

Esistono anche le persone che bevono, certo, ed essendo dotate di libero arbitrio lo fanno quando vogliono e come vogliono e dove vogliono, a prescindere dal loro genere e dal loro sesso, così come ci sono le persone che cantano e che cucinano e che lavorano, e vorrei che fosse davvero finito il tempo nel quale è sulla base del sesso e del genere e anche della nascita e del colore della pelle e della religione che si pretende di giudicare come e quando una persona beve e come canta e come cucina e come interpreta la propria sessualità e come e di chi si innamora e come lavora e sono anche arcistufo che i medesimi pregiudizi gravino sul come e sul quanto venga retribuito il contributo al lavoro delle persone e sul come vengano attribuite le responsabilità sul lavoro.

Levo il calice, adesso, per salutare i giorni nuovi, che, spero, saranno presto concreti e liberi da ogni sorta di discriminazione; ma non mi si chiami utopista, perché quei giorni verranno davvero, se incominciamo a farli arrivare con i nostri gesti quotidiani e, quando occorra, con la nostra indignazione.