Ecco che cos’è un vino classico, San Leonardo 2016

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Vini di questo genere hanno un aggettivo ben preciso che li sa descrivere. È l’aggettivo “classico”, da non intendersi nella versione burocratizzata di alcuni disciplinari, bensì nella sua accezione letterale estensiva, quella che il vocabolario Treccani definisce così: “Perfetto, eccellente, tale da poter servire come modello di un genere, di un gusto, di una maniera artistica, che forma quindi una tradizione o è legato a quella che generalmente viene considerata la tradizione migliore”. Il San Leonardo della Tenuta dei marchesi Guerrieri Gonzaga, ad Avio, in terra trentina, è a pieno titolo ascrivibile a questa forma di classicità. Pienamente, ho detto, e mi piacerebbe costituisse davvero un modello di stile cui riferirsi più diffusamente.

Ne ho potuta godere di recente l’interpretazione che se n’è data per la vendemmia del 2016, che è uscita di cantina più tardi rispetto a quanto accadeva nei millesimi precedenti. Il marchese Anselmo Guerrieri Gonzaga racconta che a partire proprio da quest’annata s’è deciso di “far affinare il nostro San Leonardo in bottiglia più a lungo, per ottenere un vino con ancora più armonia”.

Armonia. Ricorro un’altra volta alla Treccani per definire il significato del lemma “armonia”, che è riferito alla musica e, in senso più lato, e per analogia, “alla parola non modulata nel canto, l’impressione gradevole che risulta, nella prosa e nel verso, da un musicale accostamento di suoni, accenti, pause”. Il che corrisponde, di nuovo, all’essenza di questo vino per il quale, a mia volta, utilizzerò un termine che ha bisogno di esplicazione.

La definizione che intendo adoperare è quella di “straordinario”. Questo vino lo ritengo infatti straordinario, perché – ma qui il gioco delle significanze è più facile – davvero “esce dall’ordinario, dal solito, dal normale o dal comune”, il che ne rafforza l’iniziale riferimento alla classicità. Anzi, direi che è straordinariamente classico, giacché descrive come pochi altri vini l’essenza stessa del terroir trentino, il genius loci delle vallate e dei monti, delle arie che arrivano dal Garda non molto lontano, e dei Lessini e del Baldo, strapiombanti sulla vallata atesina, in un gioco di ascese e ridiscese, com’è il portamento del sorso al palato.

Ora, poco importa che le uve siano quelle bordolesi – il cabernet sauvignon, il carmenère e il merlot – perché non è la loro indole quella che si ritrova nel calice, ma è invece costituita da quanto sopra ho provato a raccontare, anche se riconosco i miei limiti nell’evocare. Com’è sempre difficile evocare la bellezza, che si percepisce come tale solo quando si ha la grazia d’incontrarla. Io l’ho incontrata dentro a questo vino.

Vigneti delle Dolomiti San Leonardo 2016 Tenuta San Leonardo
(96/100)