Sull’utilità relativa dei punteggi centesimali del vino

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Di fronte alle obiezioni di chi dice che sarebbe meglio abolire i punteggi dei vini, siano essi centesimali, come da scuola americana, o ventesimali, come da prassi anglo-francese, io osservo che i rating sono comunque utili a farsi un’opinione in vista di possibili acquisti. Con un’avvertenza, tuttavia, e cioè che non necessariamente i vini che più si adattano al gusto dell’acquirente sono quelli col voto più alto.

Nel mio caso, per esempio, ho imparato nel tempo a tarare le mie scelte dei rossi di Bordeaux in base alle valutazioni in centesimi che vengono loro assegnati da Wine Spectator. Attenzione, ho detto tarare. Il che significa che ho trovato il mio punto di equilibrio, e poi spiego quale è.

Io adoro i vini rossi che sappiano di frutto, netto, ma che nel contempo non siano iper concentrati, tannici, alcolici, muscolosi. Insomma, voglio che si possano bere, più di un bicchiere.

Ebbene, nel tempo i rossi bordolesi dai punteggioni sopra i 90 punti mi hanno spesso deluso. Non che non siano ottimi vini. Semplicemente non fanno per me, non rispondo al mio stile di vino, alle mie aspettative di bevitore.

Ho invece capito che per me in genere vanno benissimo i Bordeaux che Wine Spectator colloca in quella sorta di limbo che sta a 88 o 89 punti. Non meno di 88, perché di sotto ho raramente trovato soddisfacente equilibrio. Non sopra i 90, perché di solito sono un po’ troppo polputi e comunque tendono a costare un bel po’.

A 88 o 89 punti trovo Bordeaux classicissimi, dal frutto assai nitido, di buona bevibilità e dunque non concentratissimi, e anche a prezzi non eccessivi.

In questi giorni, per esempio, ho avuto l’ennesima conferma da una bottiglia di Saint-Èmilion Grand Cru di Château Fonroque, annata 2012. L’ho presa perché mi sono piaciute altre annate dello stesso vino e, soprattutto, perché ho visto che Wine Spectator gli aveva assegnato 89 centesimi di punteggio. Insomma, un vino con un rating collocato nella fascia che sin qui mi ha soddisfatto.

Ecco, è andata benissimo anche stavolta. È un vino che ho bevuto molto volentieri – che frutto! – e che ricomprerò, perché merita i 25 euro che ho pagato. Ovvio che io, che tendo a valutare la bevibilità e la finezza come elementi di particolare pregio, gli assegno un po’ di più degli 89 punti di Wine Spectator, che tende invece a dare qualche punto in più alla concentrazione.

Anche in questo vale la regola di cui ho parlato di sopra, e cioè che il punteggio dato ad un vino è sempre relativo e che dunque il giudizio del recensore va tarato conoscendo la filosofia d’assaggio del critico e “correggendola” in base alle proprie aspettative. Ad esempio se io assegno a un vino più di 90 punti vuol dire che secondo me quel vino mette insieme finezza e beva.

Saint Èmilion Grand Cru Classé 2012 Château Fonroque
(91/100)