Ci sono alcuni luoghi che hanno il potere intrinseco di comunicare la loro unicità. Pensiamo all’Etna, a Santorini, al Douro. Si potrebbe continuare a lungo. Negli ultimi anni mi sono accorto che spesso la cosa che più mi intriga nel nostro piccolo mondo del vino è la combinazione di più elementi. Tra questi potrei mettere in prima fila il fatto di essere dei vigneti situati in un’isola, e poi anche di avere una origine vulcanica. Questo comporta tutta una serie di conseguenze, dall’originalità delle varietà coltivate, fino al tipo di agricoltura tradizionale praticata. Pensiamo a come si piantano le viti a Lanzarote ad esempio.
Non sempre però questo è sinonimo di grande vino. Anche in territori di grandissima vocazione c’è chi riesce a produrre vini banali ed omologati. Un paradosso per chi ha la possibilità di esprimere le peculiari doti di una regione, ma si limita a svolgere con sufficienza un compitino da risicata sufficienza. La cosa risalta in tutta la sua evidenza quando invece trovi un produttore che affronta con intelligenza le sfide di una natura spesso complicata, esprimendo in bottiglia tutta la complessa diversità di un terroir inimitabile.
Viñátigo è una cantina che rappresenta l’essenza e la varietà del territorio di Tenerife, un’isola delle Canarie che vanta la più alta montagna della Spagna. Sappiamo che il suolo è di origine vulcanica, ma anche qui esistono delle differenze, date ad esempio dall’età della colata lavica. I suoli negli anni si degradano e aggiungono diversità e complessità, A completare il tutto c’è poi l’altezza dei vigneti, che va dal mare sino a oltre 1000 metri. Per finire mettiamo anche il clima, con variazioni importanti tra il versante nord più umido e quello sud più arido, con tutte le sfumature che poi caratterizzano le fasce intermedie.
Tra le varie linee di vini prodotti da Viñátigo, il Lomo de la Era si inserisce nei vini di parcella, prodotti da singoli vigneti con caratteristiche particolari. L’uva è il listan blanco, noto anche come palomino e diffuso in Andalusia dove è l’uva principale dello Jerez. (Va detto che tutti i vini della cantina sono a piede franco, la fillossera non prospera nei suoli dell’isola.) Le vigne si trovano a 350 metri di altezza, sotto una colata lavica antica, tra le più vecchie dell’isola, circa 11 milioni di anni. Nella parte centrale dell’isola i suoli sono invece molto recenti, da qui le diversità che si cerca di valorizzare in ogni vino. C’è una importante influenza atlantica, i venti sono costanti e le piogge regolari. Alcune vigne sono centenarie.
Non si usano sostanze chimiche in vigna, fermentazione coi lieviti indigeni in vasche di cemento e affinamento in legno grande non nuovo.
Colore dorato, naso che da subito fa capire dove ci troviamo. Note sulfuree, affumicate, sfumature di petrolio. La frutta è dominata dai sentori più radicali, nel senso di radici e terrestri, in un insieme quasi austero che non può non richiamare i paesaggi quasi lunari dell’isola delle Canarie. Anche il palato si segnala per la sua singolarità. Non cercate qui la frutta matura, l’acidità vibrante, la gentilezza dei fiori. Siamo invece accarezzati dalla salinità e dalle note più minerali che sfumano nel balsamico. La lunghezza si costruisce su questo binomio.
Qualcuno che lo ha assaggiato con me cercava invano l’acidità che non appartiene a questo vino, siamo nella media, e credo sia giusto non andare per forza a voler ritrovare le certezze che invece connotano altri vini. Qui siamo in una dimensione diversa, che va amata e custodita proprio per la sua unicità.
Islas Canarias Tenerife Lomo de la Era 2022 Viñátigo
(94/100)


