Sottigliezze della Côte de Nuits attraverso il 2016

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Andiamo a tentare un esercizio non facile. In un fazzoletto di terra si trovano quattro “villages” tra i più noti della Côte de Nuits (quindi primariamente dedicati al pinot noir), che però esibiscono delle caratteristiche abbastanza diverse. Certo si tratta di sfumature, non di differenze clamorose. Poi come sempre conta molto la mano dell’uomo, sia in vigna che in cantina. Complicato stabilire delle regole generali o delle priorità, ma proviamo a dare dei punti di riferimento.

Uno di fronte all’altro. Chambolle-Musigny dà vita a vini femminili, Nuits Saint-Georges genera dei vini più mascolini. In tempi come questi, si tratta di generalizzazioni che non sono molto politicamente corrette, ma ci servono giusto per far capire la tendenza generale di questi vigneti. Potremmo usare la definizione di Jules Lavalle che nel 1855 definì Chambolle come “delicato”, in opposizione a Nuits che sarebbe piuttosto “chiuso”.

La vicina Morey-Saint-Denis si distinguerebbe per la longevità dei suoi vini, infine Vougeot sarebbe il riflesso austero dei monaci che la hanno plasmata nei secoli. Anche se questi sono appunto degli archetipi, usiamoli con moderazione e senza pregiudizi.

Di questi quattro “villages” provo a tracciare una retrospettiva dei miei migliori assaggi riferiti all’annata 2016, che non è difficile trovare in commercio.

 

Domaine Arlaud
Chambolle-Musigny 2016
. Un village di livello, molto aperto, già gustoso e profumato. (88/100)
Morey-Saint-Denis 1er Cru Les Ruchots 2016. Al contrario del precedente è più aperto e definito. Fiori, frutta matura, erbe. Un palato di Grande livello. (92/100)
Clos de La Roche Grand Cru 2016. Non è ovviamente che lontano dalla sua pura espressione, ma già si intuisce l’enorme potenziale. Minerale, note di ferro, molti fiori, delicato e di lunghissima persistenza. (95/100)

Domaine de l’Arlot
Nuits Saint-Georges 1er Cru Clos des Forêts Saint-Georges 2016
. Uno dei punti fermi della casa, una conferma clamorosa. Rivela tutta la sua classe al palato, i tannini sono setosi, il finale di fiori e liquirizia non ha fine. (94/100)

Henri Gouges
Nuits Saint-Georges 1er Cru Les Saint-Georges 2016
. Il più prestigioso tra i crus di questo villaggio. Più concentrazione e maturità, resta la sensazione tannica, più diluita forse per un maggiore equilibrio dell’insieme. Da dimenticare per almeno 15/20 anni. (90/100)

Domaine Des Lambrays
Clos des Lambrays Grand Cru 2016
. Fine, delicato, una bella dinamica. Ancora molto difficile da giudicare, anche per l’evidente presa di legno del vino. (93/100)

Hubert Lignier
Chambolle-Musigny 1er Cru Les Baudes 2016
. Uno dei pochi casi nei quali il legno è al servizio del vino, pur se fin troppo presente. Al palato c’è un frutto esplosivo, e questo fa la differenza. Servirà però molta pazienza. (94/100)
Morey-Saint-Denis 1er Cru Les Chaffots 2016. Meno estroverso, una senzazione di freddezza e austerità, profondo e minerale. (92/100)

Virgile Lignier-Michelot
Morey-Saint-Denis 1er Cru Aux Charmes 2016
. Si rivela per la sua lunghezza, nessuna forzatura, delicato e fine. (92/100)
Morey-Saint-Denis 1er Cru Les Faconnières 2016. Uno dei Cru di Morey che più mi piacciono. Lo conferma questa versione, assai sorniona, fine e minerale, c’è una bella nota ferrosa, il frutto è maturo senza diventare confettura. (93/100)
Clos de La Roche Grand Cru 2016. Vino serio dal Grande potenziale, il legno fortunatamente non si sente, il terroir ringrazia ed esce in modo spettacolare. (94/100)

Stéphane Magnien
Morey-Saint-Denis 1er Cru Les Faconnières 20
16. Un infuso più che un estratto, per questo è dolce e senza asperità. Molto stile. (92/100)
Clos Saint-Denis Grand Cru 2016. Anche questo cru è stato trattato con delicatezza, senza cercare la struttura nei tannini. Ne risulta una bottiglia esemplare, luminosa e profonda. (95/100)