Nino Franco, un pilastro del Prosecco

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Nino Franco. Sulle pagine di The Internet Gourmet abbiamo più volte scritto dei vini di questa cantina di Valdobbiadene. Il motivo è semplice: si tratta di un pilastro fondamentale nella costruzione di quello che possiamo definire il volto attuale del Prosecco. Artefice di questa trasformazione è Primo Franco, profondo conoscitore della materia e persona di indiscussa classe. I suoi vini rappresentano quanto di meglio si fare nelle colline trevigiane. Da una sua intuizione nasce anche un vino a base di glera da “single vineyard”, il Grave di Stecca, autentico laboratorio di sperimentazioni su cloni e tecniche produttive.

Niente di meglio che una ampia degustazione per fare il punto sulla gamma, con un occhio interessato anche a qualche vecchia annata (sì, il Prosecco può invecchiare, e anche bene).

I vini sono in rigoroso ordine di assaggio.

Valdobbiadene Prosecco Superiore Brut Rustico
Circa il 70% della produzione è rappresentato dal Rustico, emblema di un Prosecco fragrante, floreale e immediato. Non è privo di una certa complessità, si aggiungono aromi di pesca bianca, paglia, salvia e muschio. Citrino e facile, come deve essere per definizione, ha spuma fine e chiude forse un po’ corto. (83/100)

Valdobbiadene Prosecco Superiore Brut
Naso più delicato e pungente, con impressione erbacea e di menta fresca. Tonico, vivace, termina leggermente sapido e amarognolo. Più lungo e dinamico. (87/100)

Valdobbiadene Vigneto della Riva di San Floriano 2016
Vigneto su terreno sabbioso ed esposizione sud-est/sud-ovest. Originale sensazione di vaniglia che poi svanisce per lasciare posto ai fiori e alla tipica nota vegetale. Si segnala per una notevole sensazione salata, termina su aromi di erba secca e frutta matura, grasso e avvolgente. Gioca molto sulla maturità del frutto e sulla ricchezza del palato. (90/100)

Valdobbiadene Prosecco Superiore Brut Nodi 2015
Di questo vino ha scritto anche Angelo Peretti, e ne condivido l’entusiasmo. Sono 9000 metri di piante molto vecchie, anche fino a 90-100 anni di età, in alcuni casi franche di piede e con cloni molto particolari. Terreno di creta e sabbia con presenza di acqua e radici piuttosto superficiali. Resta 6 mesi sulla feccia grossa senza solfiti. Il naso è austero, respira la terra e la argilla, per nulla banale. La frutta arriva successivamente. Nobiltà del frutto al palato, ancora terra, pepe, zenzero fresco. Si fa fatica a trovare qualcosa con cui confrontarlo tanto è originale. La cosa che più sorprende, e questo lo avvicina ai grandi vini, è la sua capacità di farsi sottile e delicato, conservando tutta la sua profondità di espressione. Forse il più buon Prosecco che ho bevuto. (95/100)

Grave di Stecca 2012
Ricco ed opulento, quasi all’opposto del precedente. Mandorla, albicocca, sfiora l’ossidazione, quella positiva. Finale di frutta acidula e spezie dolci. Poi viola, frutta secca, finale a metà tra il minerale e la pasticceria lievitata. Ricco e largo. (92/100)

Valdobbiadene Prosecco Superiore Dry
Frutta matura tipo pesca, e fiori di rosa. Rotondo e morbido, termina su ricordi di mandorla. Non è pero un vino languido, conserva una sua dinamica. Il problema è che arriva dopo i due precedenti. (87/100)

Grave di Stecca Brut 2010
Ricco, maturo e fine. Fiori appassiti, minerale. Presenta un aspetto viscerale, è ricco di sale e combina idealmente larghezza e lunghezza. Si fa più vino e meno prosecco. Finale di biscotto alle spezie e minerale. Reattivo e barocco. (94/100)

Grave di Stecca Brut 2007
Colore più tenue e riflessi verdi. Naso pungente di menta e rosmarino. Un po’ più difficile il palato, meno vivace e dinamico delle versioni più recenti. Primo racconta che dal 2008 ha cambiato sistema di vinificazione, e la cosa pare evidente in questo 2007, meno complesso e dal finale amarognolo. Stiamo comunque parlando di un 2007 che è tutt’altro che spento. (85/100)

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