Che meraviglia questo libro sui vini dolci d’Italia

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Massimo Zanichelli non finisce di sorprendermi. Stavolta per aver imboccato – oso dire – la strada dell’enciclopedista del vino italiano (dopo quella di critico enologico e anche di regista), ma soprattutto di quel vino che, per varie e diverse ragioni e per tanto immotivati quanto ostili pregiudizi, non è oggi “maggioritario”. Insomma, quelle bottiglie che restano ingiustamente – del tutto ingiustamente – confinate al piacere delle cosiddette “nicchie” di bevitori, e invece trasudano storia e tradizione e cultura.

Dunque, se dapprima Zanichelli è uscito con un testo fondamentale sui vini frizzanti italiani (che talora sono dei gioielli che non trovano paragone alcuno fuori dai nostri confini), eccolo ora dedicare un volumone – sì, ponderoso volume – ai vini dolci. Insomma, eccolo in libreria con “Il grande libro dei vini dolci d’Italia“, coraggiosamente scritto da lui e altrettanto coraggiosamente edito dalla Giunti.

Dico “coraggiosamente” perché da un po’ di anni i vini dolci non vanno più così di moda, e anzi vengono spesso prodotti quasi per personale soddisfazione del vignaiolo e di pochi suoi clienti affezionati, ché non dettano più da tempo legge sul mercato. Eppure credo che per questa tipologia qui in Italia siamo dotati di clamorosi talenti, diffusi in ogni angolo della nostra penisola enoica.

Pensare che in passato i vini dolci erano una sorta di viatico al nuovo bevitore. Accadde anche allo stesso Zanichelli . “C’è un rapporto speciale – scrive – che mi lega ai vini dolci. Mi hanno iniziato al piacere della degustazione e alla scoperta del mondo del vino”. Quando era studente universitario ed era astemio, Massimo ebbe un incontro fatale col Vin Santo. Da lì prese avvio la sua curiosità per l’universo del vino. A me invece accadde col Recioto della Valpolicella, per dire.

Ora, se continuo a parlare di vini dolci non è per mero ossequio al titolo del tomo, bensì perché considero questa l’unica definizione possibile, rifuggendo io quelle di “vino da dessert” (chi l’ha detto che siano bottiglie che si stappano solo al dessert?) o di “vino da meditazione” (io quando bevo, bevo, e la meditazione la riservo ad altro). Credo che Massimo abbia invece indovinato appieno un’altra scelta, ed è quella di dividere questi vini per colore, “perché nessun’altra tipologia – dice – possiede uno spettro cromatico così ampio”, e ha ragione.

Ecco, la divisione per colore e non per abbinabilità o presunta meditabilità credo sia la classificazione corretta. Insomma, Massimo Zanichelli ci ha visto giusto nel suddividere i vini dolci nelle categorie del giallo paglierino, dell’oro-arancio, dell’ambrato, del mogano, del granato-rubino e del porpora. Accidenti, è bellissimo. Così come sono bellissimi questi vini.

Chapeau, Massimo, un altro colpo da maestro. Acquisto consigliatissimo per chi voglia scoprire una diversa dimensione del vino italiano.

Massimo Zanichelli, “Il grande libro dei vini dolci d’Italia”, Giunti, euro 29,00

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