Le patatine fritte all’assalto delle città

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Ho letto sul Giornale di Brescia che il consiglio comunale bresciano è stato impegnato per due ore a discutere di patatine fritte. Detto così sembra una battuta, o un’accusa ai politici impegnati in futili questioni. Invece la questione non è per niente futile, a mio avviso. C’è un problema in parecchi centri storici, ormai, ed è la continua apertura di friggitorie di patatine in stile francese, belga, olandese, con relativi odori che si disperdono fra vicoli ultrasecolari e palazzi antichi. È un assalto. Anche Verona ne è invasa, e francamente quell’odore di fritto nei luoghi più belli della città scaligera mi mette a disagio. Non lo trovo adatto. Non lo trovo rispettoso. Capisco che business è business, ma mica sempre, mica comunque deve per forza avere ragione il denaro.
Occhio, non dico che le friggitorie non siano in regola. Se hanno avuto il permesso di aprire e se continuano a lavorare, vuol dire che hanno le carte in regola, ci mancherebbe. Non ce l’ho con i titolari di quei locali. Ce l’ho con le regole, che sono sbagliate.
Il problema è che occorrerebbe avere rispetto dei luoghi e della storia che i luoghi portano con sé, e dovrebbe essere chi amministra a preoccuparsi per primo di questi valori, e ad emanare norme di salvaguardia.
Sissignori, ho detto valori. Più pregiati del denaro. Ma ormai il rispetto per la bellezza, in questa nostra povera Italia, è un’illusione romantica.
Ah, sia chiaro: adoro le patatine fritte. In altri contesti, in altre situazioni, con altre modalità.