Nell’America del vino bigger non è più tanto better

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In materia di vino, in America da anni e anni c’è la convinzione che “bigger is better”. Insomma, si ritiene che più un vino è “grosso”, più sia anche “migliore”. Dunque, avanti coi vini concentrati, marmellatosi, palestrati, alcolici, tannici, legnosi. Però le cose stanno cambiando. Lentamente, ma stanno cambiando.
Che le opinioni siano in mutazione lo si comprende per esempio leggendo il dibattito che si è innescato su Wine Spectator riguardo alle nuove tendenze dei rossi dello stato di Washington. In particolare, mi piace riportare quel che scrive, in una sua lettera al magazine americano, Doug Charles, cofondatore della Compass Wines, azienda che commercializza vini.
“Il trend del ‘bigger is better’ – dice – sta cominciando a rallentare un po’ nelle vendite. Alcuni vignaioli e produttori stanno aumentando le rese e anticipando i tempi, mentre altri si stanno indirizzando a usare meno legno nuovo e più barrique di secondo e terzo passaggio. Ci sono anche produttori che usano pressature meno aggressive e che si stanno indirizzando verso fermentazioni più spontanee e sperimentazioni sui lieviti”.
Vivaddìo, gli americani stanno scoprendo che la finezza – non la concentrazione – è la vera dote di un grande vino. Vuoi vedere che di qui a qualche manciata di anni incominceremo a rendercene finalmente conto di nuovo anche noi?