Conoscevo Claudio Zanoni come musicista. Ha fatto parte del gruppo soul-funk reggiano-mantovano dei Ridillo e di altre formazioni. Ogni tanto l’ho incontrato a suonare dalle mie parti, su lago di Garda. Sapevo che aveva buona competenza in fatto di vini e di cucina, ma non sospettavo che facesse anche il vignaiolo.
In realtà, il vignaiolo lo fa occasionalemente insieme a un gruppo di amici e di ragazzi disabili di una cooperativa sociale della sua zona, ossia di Gonzaga, nel Mantovano. Hanno prodotto un primo vino “collettivo”, un rosato frizzante, chiarissimo di colore, fatto con uve di sorbara in purezza raccolte a Campogalliano e rifermentato in bottiglia “sui lieviti”. La vendemmia è stata effettuata a mano dai ragazzi, che hanno pure curato l’etichetta. “Mi piacerebbe fartelo assaggiare” mi ha detto Claudio. Affare fatto.
La bottiglia l’ho finita presto, mangiando tagliatelle col ragù e pane e salame, cibo che sa di terra padana, come il vino. Dal bicchiere, il vino sprigiona un profumo di fragolina di bosco, di ribes e di erbette di prato selvatico (un che di mentuccia). La bollicina è tesa, pizzica il palato. Sorso da aperitivo o da cucina grassa. Un po’ di riposo ulteriore nel vetro gli farà bene. Non bisogna mai avere fretta con i vini “sur lie”.
Sull’etichetta leggo “insieme con Borderland, associazione di confine”. È l’associazione di cui mi aveva parlato Claudio. Collaborano con una cooperativa più grande, Simpatria, che si occupa di disabilità. Con loro, lui e i suoi amici hanno a che fare da anni per l’organizzazione del festival jazz “Nessuno escluso”, che si svolge al teatro di Gonzaga, e ci sono passati Fresu, Bollani, Rava, Galliano, “tutti diventati amici dell’associazione”, dice lui, che aggiunge: “Abbiamo pensato di estendere la collaborazione all’altra nostra passione, oltre alla musica, ossia il vino, in particolare il sorbara. Così due anni fa abbiamo chiesto alla cantina Tommaso Tobia Zucchi se ci poteva sostenere in quest’avventura dal punto di vista della realizzazione del progetto nelle fasi di vigna e poi cantina. Ben felice di essere della partita, Zucchi ha ospitato una decina di ragazzi in vigna per la vendemmia e successivamente in cantina, dove hanno assistito alle varie fasi fino alla messa a dimora in un ‘uovo’ di cemento. Nel mentre, si sono occupati di ‘inventare’ il nome dell’etichetta. Hanno scelto Avamata, che significa ape pazza. È il nomignolo che dalle nostre parti usiamo quando uno è inquieto, non trova pace. I ragazzi hanno etichettato circa novecento bottiglie a mano. Ora siamo in attesa del metodo classico che uscirà fra un anno, prodotto con le stesse uve”.
Lo attendo anch’io, non vedo l’ora di berlo. Avanti, che c’è bisogno di belle storie come questa.
Vino Frizzante Rosato Maturati sui Lieviti Avamata