Per i vini giovani vale più la bocca che il naso

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L’ho già detto e più vado avanti ad assaggiare, più me ne faccio convinto: non bisogna fidarsi troppo del naso, quando si valuta un vino. Il naso lo si può ingannare con qualche artificio di cantina, e se il naso viene ingannato, allora sarà ingannevole anche l’intera valutazione che si dà di un vino. Ergo, smettiamola di annusare ossessivamente questi benedetti vini, e cominciamo a tornare a fidarci di più della bocca.

Una conferma – l’ho già scritto – mi è venuta dalle parole di Jacky Rigaux dentro a “Il vino capovolto”, pubblicato da Porthos edizioni. “La supremazia accordata al naso privilegia ovviamente i vini tecnici”, scrive. In questa maniera “ad avere la meglio sono i vini facili, tecnicamente ben fatti, ma senza grande complessità, pronti per essere bevuti appena immessi sul mercato”. Invece i grandi vini di terroir “richiedono qualche anno in bottiglia prima di svelare la loro complessità aromatica”.

Il problema è che per questa ragione generalmente sono proprio i più complessi vini di terroir ad essere “penalizzati dall’analisi sensoriale quando sono ancora giovani”. La riprova è data dai troppi vini eccellenti bocciati dalle commissioni di valutazione degli enti di certificazione. Vini che invece poi, nel tempo, diventano talvolta capolavori.

“Per i professionisti attenti e gli enofili illuminati – annota Rigaux -, l’esperienza della degustazione dei vini giovani rivela che, se nella bocca ‘funziona’, lo farà anche al naso, come ben sapevano gli intenditori di una volta”. Ecco, non sarò né un professionista attento, né un enofilo illuminati, ma sì, quando un vino è giovane mi fido del palato, delle sensazioni tattili che percepisco. Raramente tradiscono. Sarebbe tempo che vi ponessero attenzione anche coloro che i vini li devono assaggiare per definire l’idoneità a vestire o meno i panni delle denominazioni di origine.

 

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