Una verticale del Trebbiano di Valentini

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Il Trebbiano di Valentini è uno dei pochi vini iconici italiani.

Come abbiamo sottolineato sovente su queste pagine, sono molto pochi i produttori che dispongono di vecchie annate. In prima istanza perché il vino di qualità ha una storia molto recente, e quindi non ci sono molte cantine che possano vantare una profondità di millesimi sufficiente. E poi perché i produttori stessi non sempre hanno la “cultura” del vino vecchio, e quindi non ci pensano nemmeno a mettere da parte le annate più riuscite per valutarle a distanza di tempo.

Volendo andare ancora più lontano potrei dire che non sono moltissimi i vini in grado di reggere lo scorrere degli anni, sia per la scarsa attitudine di certi terroir, sia per le tecniche produttive, più attente a rincorrere il mercato che a svelare la vera natura dei vini che vi si producono. E mi fermo per non fare arrabbiare qualche produttore o sostenitore ad oltranza dei vini italici.

Tornando a quanto detto inizialmente, ancora meno sono i bianchi italiani capaci di tenere e migliorare dopo 10 o 20 anni. In questo senso il Trebbiano di Valentini è una eccezione nella eccezione.

Non mi dilungo sulla filosofia produttiva. Mi limito a dire che è ampiamente orientata al biologico, ma che non aderisce a nessun capitolato o parrocchia. Se serve trattare, si tratta. L’importante è riuscire a portare a casa l’uva. Questo se lo devono ricordare tutti quelli che si sono permessi di inserire Valentini in una casella ben precisa, cosa in realtà lontana dalla verità.

Procedo con le mie valutazioni su una verticale di varie annata del Trebbiano d’Abruzzo.

Trebbiano d’Abruzzo 2011 Valentini
Mi ripeto, ma è necessario. Naso alla Valentini, difficile e ridotto. Materia molto delicata dietro la nota sulfurea iniziale. Un vino che pare suggerire più che affermare. Finale luminoso nel quale inizia a fare breccia un bel frutto. All’alba dei suoi giorni. (90/100)

Trebbiano d’Abruzzo 2008 Valentini
Più aperto e disponibile del 2011. Nella prima parte una nota di volatile porta in avanti il frutto, che invece successivamente tende a nascondersi. La nota solfitica lascia poco spazio a tutto il resto. Bocca larga, ricca e quasi barocca. Più potente ma meno fine. Nemmeno dopo un’ora riesce ad aprirsi veramente. Lentamente si percepiscono gli agrumi, il mare e le radici tipo ginseng. (88/100)

Trebbiano d’Abruzzo 2005 Valentini
Leggermente più disponibile del precedente, ma ancora lontano dall’apogeo. Minerale e speziato. Al palato ancora un po’ di carbonica, la materia è ancora più densa e concentrata. Più largo e meno profondo, finale di zenzero e di metallo. Ancora un vino che non riesce ad esprimersi, ma dal grande potenziale. (87/100)

Trebbiano d’Abruzzo 2004 Valentini
Riflessi verdi. Sembra che qui il tempo abbia lavorato maggiormente. Pesca, spezie, mineralità sulfurea. Con calma inizia a parlare, e si percepiscono la frutta secca, le more, e ancora dopo il tartufo, la terra, i fiori, i tuberi e il riso bollito. Non ha la potenza del 2008, ma lo supera in agilità e in identità. (92/100)

Trebbiano d’Abruzzo 1999 Valentini
Il preferito della serie. Il naso ha una spinta notevole, splendide note salmastre e minerali, seguite da pepe verde e torba. Da subito il vino prende possesso del palato e non cede di un millimetro. Finale molto luminoso di pietra umida. Magnifico equilibrio, non è né pesante né troppo acido. Mi ricorda un Corton-Charlemagne. Vino di una dimensione tutta sua. (96/100)

Trebbiano d’Abruzzo 1998 Valentini
Torniamo verso un liquido introverso. Un vino che sembra respingere più che accogliere, che ti costringe a continuare ad andare verso di lui. Il più minerale della serie. Ancora della carbonica, un carattere ribelle e nervoso, quasi cattivo. Vino verticale, ma meno geniale del ’98 ad esempio. (94/100)

Trebbiano d’Abruzzo 1997 Valentini
Magnifico, completo e compiuto. Frutta confit, grande apertura e ampiezza aromatica. Infusione di tè, frutto sotto spirito, liquirizia, erbe e spezie. Sembra non trovare pace, continua ad evolvere senza trovare mai la sua tranquillità. (93/100)

Comunque la si pensi, una degustazione straordinaria per un vino che interroga e mette in discussione. Il dibattito sulla maggiore grandezza dei vini del padre, Edoardo, rispetto a quelli del figlio, Francesco, mi sembra poco rispettoso della storia della cantina e della realtà dei fatti.

Il Trebbiano di Valentini ricompensa l’attesa. Non è un caso che tutti i vini più vecchi siano risultati migliori. Non certo perché Francesco non sia più in grado di raggiungere le vette del padre, ma perché solo il tempo riesce a domare il vino. Certamente ogni persona ha una sensibilità diversa, e la ricerca di maggiore pulizia e maturità non credo siano da criticare, ma anzi da sottoscrivere. Bere un vino di Valentini non deve essere una sofferenza, ma una esperienza piacevole, e per questo sono in sintonia con le scelte di Francesco. Non dimentichiamo poi gli effetti del riscaldamento globale, che qui sono particolarmente pesanti.

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2 comments

  1. Domenico

    bevi e basta non fare il superiore e comincia dalla bottiglia più datata se vuoi capire di vino!

  2. Mario Plazio

    Grazie per il prezioso commento. Ne terrò dovuto conto.

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