Ormai sono sempre grandi annate

La tiritera la conosciamo, sempre uguale a ogni vendemmia, con l’ufficio stampa di questa e quell’azienda che assicura che l’ultima è stata una grande annata perché sono arrivate in cantina uve sane e mature. Come dire che altre volte il vino l’avevano fatto con uve marce e verdi.
Così non sappiamo più quando possiamo pensare di essere davvero in presenza di un’annata veramente grande. Ma poi, cosa significa “grande annata”? È quella in cui i vini migliori di una determinata zona hanno raggiunto incredibili livelli di eccellenza, oppure è quella in cui è molto buona la media di tutti i vini di quella stessa area, magari anche senza che vi siano singole bottiglie che arrivano a particolari punte di magnificenza?
È la domanda che si pone Matt Kramer, editorialista di Wine Spectator. Io dico che è la domanda delle domande, e in genere cerco i vini delle annate che rispondano positivamente alla seconda parte del quesito: insomma, vado in cerca di bottiglie di quelle vendemmie che abbiano dato, per quella particolare denominazione, la media migliore nell’intera produzione, e dunque non tanto o non solo le punte assolute. Rischio di meno e anzi sono in genere più tranquillo in merito alla validità del mio acquisto e ho anche una gamma molto più ampia di etichette tra le quali scegliere.
La questione, però, è che così come non ci sono più le mezze stagioni, non ci sono più neanche le cattive annate. Oggi le pratiche agronomiche e di cantina permettono di fare cose buone anche quando ci sono condizioni meteo che in passato avrebbero impedito di tirar fuori vini decenti. Allora, come si fa a dire che un’annata è grande e una no? “È come volere far distinzioni tra un tramonto memorabile e un altro”, dice Kramer. Mi sa che ha ragione.
La grandezza sta in qualcos’altro.