La palla ce l’ha il consumatore

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Il problema è che quando sei sul mercato devi aver quattro preoccupazioni. La prima: far qualità. La seconda: farla percepire, la qualità. La terza: espandere le quote di penetrazione. La quarta: mentre t’espandi – o credi di farlo – metter giù le pedine che ti servono a conservare i tuoi clienti se le cose si mettono male.

Per far la prima cosa, serve tecnica e stile. Per le altre tre occorre investire nel marketing. E occorre farlo da subito, convinti.

I contadini d’un tempo insegnavano che è inutile chiuder la porta della stalle quando il bue è scappato. Bisogna farlo prima. Ma i figli, non più contadini, l’han dimenticato. Mentre cresci, comincia a pensare a fidelizzare chi hai già conquistato: è la polizza sulla vita. “Primo, non prenderle” dicevano gli allenatori di calcio quando il calcio era sport. “Prima salviamoci, poi vediamo se possiamo cavarci qualche soddisfazione” diceva, concreto, Bepi Pillon quando allenava il Chievo.

L’abbiamo fatto in Italia, di pensare alla polizza vita? Macché. Ci siam fatti prender la mano. Illusi d’una crescita eterna. Gli utili sono finiti in cantine griffate, in macchinari d’altissima tecnologia, in sale degustazione da antologia d’architettura. Tutta roba bella, per carità. E cara. E che non puoi vendere, che non puoi valorizzare quando le cose buttassero meno bene. È l’effimero. Autoreferenziale: ho fatto i soldi, e te l’ostento. Peòcio refàto: dicevano i vecchi. I figli l’han dimenticato.

Non una lira – e dopo non un euro – è stato destinato a pensare al grande patrimonio d’azienda: e questo patrimonio, cari miei, è il consumatore. A lui andavano destinati i quattrini. Facendo marketing. Legandolo. Conquistandolo. Magari, facendogli capire che il prezzo è quello giusto per la qualità del prodotto. magari – ah, magari! – fissando il prezzo giusto per la qualità del prodotto. E non è un gioco di parole: quanti, ma quanti, sono i vini dal listino drogato.

La soluzione è una sola: capire il mercato. Metabolizzarne le leggi, le regole. Saper comunicare, pianificare, far marketing. Roba astrusa per il contadino divenuto d’improvviso imprenditore. Roba necessaria, però. Indispensabile.

Capendo che ora il pallino è nelle mani del consumatore. C’è talmente tanto vino di qualità in giro, che si potrà bere sempre meglio a prezzi sempre più buoni. Su di lui, sul consumatore, è tempo d’investire.

Articolo originariamente pubblicato il 12 febbraio 2006