Il vino italiano in Cina? Un disastro

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Tra le mie peregrinazioni enoiche in rete, mi sono imbattuto nel sito Grape Wall of China, specializzato nell’analisi del mercato cinese del vino. Il sottotitolo recita “A wine site covering the world’s biggest market”. Credo non servi la mia traduzione.
Non dispongo delle statistiche più aggiornate, ma effettivamente la Cina è, o si avvia ad essere, il principale mercato mondiale per il vino.
In un post del 29 dicembre Jim Boyce ci racconta di come il 2016 si stia avviando ad essere un grande anno per l’Australia. Secondo la Winemaker’s Federation of Australia, le importazioni di vino australiano sono aumentate negli ultimi 12 mesi del 50%. Le vendite sono passate in circa 10 anni da 27 milioni di dollari a circa 500 milioni. Questo rappresenta un po’ più del 14% del mercato, con 79 milioni di bottiglie e un prezzo medio di 5,9 dollari. Vi posso assicurare che è un prezzo medio di tutto rispetto. Ed infatti il dato più significativo è che in valore l’Australia porta a casa un 23,4% del mercato.
I motivi di questo successo sono molti, ma va citato in primis il ChAFTA, China-Australia Free Trade Agreement. Per farla breve, il Trattato ha introdotto tariffe doganali preferenziali. Mentre quasi tutti pagano il 14%, l’Australia è scesa dall’8,4 al 5,6%. Nel 2018 la tariffa scenderà al 2,8% e nel 2019 verrà addirittura azzerata. Simili accordi riguardano anche Nuova Zelanda e Cile.
Nel 2015 la Francia ha confermato il suo ruolo di leader in fuga solitaria, con un 42% in volume e un 46% in valore. L’Australia si piazza al secondo posto, tallonata molto da vicino da Spagna e Cile.
Vi starete chiedendo dove è finita la nostra povera Italia. Eccola qui, al quinto posto, con una parte di mercato del 5,7% in volume e del 4,4% in valore.  Il prezzo medio è di 2,7 dollari a bottiglia. Stiamo parlando di meno della metà del prezzo medio dell’Australia, e un 30% in meno della Francia.
La parte dell’articolo che parla del Belpaese recita così: “Nel mercato cinese l’Italia è un disastro. È difficile credere che uno dei principali produttori ed esportatori abbia una così piccola presenza, specie se teniamo conto della buona reputazione dell’Italia come produttore di qualità, dalla moda, alle auto al football, e del fatto che parliamo della migliore cucina europea, con pizza e pasta conosciute ovunque in Cina. Nonostante questo, l’Italia ha perso quote lo scorso anno. L’unica luce viene dal mercato degli spumanti, dominato dall’Italia con 7 milioni di bottiglie. Milioni di euro di fondi europei stanno per essere investiti nella promozione del vino italiano in Cina, e forse questo produrrà migliori risultati già dal prossimo anno”.
Non è necessario avere qualche master in economia per capire quale sia la situazione. Manca una strategia, e se c’è, non è quella giusta.
Se la Francia ha preso la valigia ed è andata a parlare di vino quando tutti gli altri avevano la puzza al naso (ma non erano i francesi ad averla?), le altre nazioni hanno fatto leva su accordi commerciali che in breve tempo hanno dato significativi risultati.
Noi non abbiamo provato a fare né questo, né quello, ed ora stiamo a guardare quanto bravi sono gli altri. C’è ancora tempo per rimediare? Credo di sì, ma serve realmente cambiare il passo e fare sistema nei fatti e non solamente sulla carta.