Vietti è americana, ma quel che conta è il vino

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Ho letto i commenti più disparati sulla notizia della cessione di un’importante azienda del Barolo e dei vini di Langa, Vietti, a una holding americana, quella della famiglia Krause, che già aveva rilevato da quelle parti (dalla Campari) la cantina Enrico Serafino di Canale. Ho anche letto che l’operazione avrebbe mosso una cifra intorno ai 60 milioni di euro. Slowine titola che a Barolo nulla sarà più come prima. Vero. Però dobbiamo renderci conto che comunque nell’economia e nell’agricoltura già ora, per tutti, nulla è più come prima.
Non può più essere come prima. Perché il mondo è radicalmente cambiato, anche se in molti tentanto di far finta che non sia successo nulla. La crisi nella quale ci siamo infilati ha cambiato nelle fondamenta il modo di fare economia e finanza, e anche le regole stesse della coesistenza sociale. Inutile illudersi di potersi aggrappare alle vecchie prassi.
In ogni caso, io ho una convinzione, ed è che le aziende sia dei corpi sociali autonomi, che hanno – possono avere – una vita propria a prescindere dalle persone e dalle famiglie che le hanno generate. Dunque, che un’azienda passi di mano non è di per sé sorprendente. Semmai, può sorprendere perché da noi le aziende vinicole hanno quasi sempre un nome di famiglia, e ci può sembrare strano che un’azienda dal nome di una famiglia sia di proprietà di chi con quella famiglia non c’entra, anche se è già successo altre volte. Non ci siamo ancora abituati all’idea.
A Bordeaux le aziende passano di mano di continuo, talvolta anche i grandi marchi. Però là le aziende hanno il nome di uno château, ed è in genere l’identità dei vini dello château che conta, non quello dei proprietari. Succederà ancora, per forza, che le aziende passino di mano. Ad essere rilevante, per me, resta il vino che trovo dentro la bottiglia.