Un fenomeno chiamato Meiomi

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Ecco, queste sono le cose che non capirò mai degli americani e di come loro bevono il vino e del vino che gli piace. Parlo del Meiomi, un pinot nero americano, nato dal nulla dieci anni fa, nel 2006. Un blend di uve che vengono dalle zone di Monterey, Sonoma e Santa Barbara. Lo scorso anno ha venduto qualcosa come 700mila casse da dodici, che vuol dire quasi otto milioni e mezzo di bottiglie. Qualche mese fa il suo inventore, il trentatreenne Joe Wagner, ha venduto il marchio a Constellation Brands per 315 milioni di dollari. Ripeto, 315 milioni di dollari.
“Ora, gente, questa qui è l’American way”, ha commentato Matt Kramer su Wine Spectator. “Davvero – ha aggiunto -, non ci sono molti altri paesi dove uno possa trovare la giusta dimensione di mercato, un numero sufficiente ampio di tasche danarose e un marketing altrettanto muscoloso per spingere una bottiglie di Pinot Noir da 22 dollari in un’orbita così stratosferica a una velocità di vendite del genere in così poco tempo”.
La domanda ora è questa: com’è questo vino? È la stessa domanda che si pone Kramer e che mi sono posto io quando ho deciso di prendere una bottiglia di Meiomi. La risposta la lascio a Kramer, tanto è identica alla mia: “Sweet, is the answer. Not oppressively so, mind you. But no matter the measurable level of residual sugar, to my palate, it’s unmistakable, all the same”. La risposta è proprio questa: è dolce, magari non così oppressivamente dolce, attenti, ma non c’è dubbio che il palato lo zucchero lo sente, eccome.
A me non è piaciuto, non lo riberrei, proprio perché l’ho sentito troppo dolce, davvero. Però agli americani piace un sacco, anche alla critica. Lo stesso Wine Spectator non si è fatto remore a collocare il Meiomi 2013 al ventesimo – il ventesimo! – posto della sua Top 100, con la bellezza di 92 centesimi di valutazione.
“La saga del Meiomi – dice Kramer – non è un caso isolato. È parte di una più ampia tendenza di mercato nel consumo americano del vino, di quelli che potremmo chiamare i ‘radical reds’. Questi vini di larga scala, intensamente fruttati, amplificano il loro tono fruttato mantenendo una considerevole (a volte sostanziale) quantità di zucchero residuo”.
Ce ne sono tanti di vini così, in giro per il mondo. In cosa si differenzia dunque il Meiomi per avere un simile successo? Kramer non ha dubbi: ha saputo darsi un’immagine di classe mettendo in mostra il proprio essere un Pinot Noir. Insomma, è un rosso, ha il gusto dolce che piace agli americani e si è saputo autonobilitare. Incredibile.