Questo è un manifesto dell’identità vinicola

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Le poche volte che ho avuto occasione di parlare con Francesco De Franco, produttore in Calabria sotto l’etichetta di ‘A Vita, m’ha dato l’impressione di una persona che ha le idee chiare riguardo al vino e all’identità che il vino può e – permettetemi – deve esprimere. In più, fa del gran vino, ché il suo Cirò resta uno dei miei punti di riferimento in Italia. Sottolineo, in Italia, moca solo in Calabria. Ora però lui, Francesco, lo stimo ancora di più. Perché ho letto quel che ha scritto sul blog di ‘A Vita.
Ebbene, considero questo suo scritto un manifesto straordinario. Che ogni vignaiolo farebbe bene a leggere e rileggere e mettere a memoria e metabolizzare e fare proprio. Perché trasuda spirito identitario. Che è quel che serve al vino, a qualunque vino. Che è quel che solo può rendere grande un vino, qualunque vino.
Trascrivo qui di seguito il testo completo che compare sul blog. Non gliene ho chiesta l’autorizzazione, e me ne scuso. Ma credo che queste parole appartengano al mondo del vino. Che debbano appartenergli.

“Perchè al Vinitaly nell’area Calabria e non al Vivit?
Perchè sono di Cirò e i miei vini sono orgogliosamente Cirò, mi verrebbe da dire, ma il discorso è più complesso.
Lavorare in biologico in vigna e con minimi interventi in cantina non è un fine, ma strumenti per esprimere al meglio la mia idea di vino di territorio, la mia idea di Cirò.
Idea che non può prescindere dal Gaglioppo e dal rispettare quest’uva. Rispetto del colore varietale e della facilità nel rilasciare tannini, rispetto della vena sapida, della leggerezza e delle sue durezze.
Certo, c’è Gaglioppo e gaglioppo! Un grande Cirò richiede un grande Gaglioppo da lavorare in cantina nel modo più semplice possibile per ridurre al minimo la distanza tra la vigna (l’uva) e il suo vino.
Intorno a questa idea del Cirò, una nuova generazione di vignaioli, uomini e donne prima che aziende, si confronta continuamente in vigna e cantina consapevoli di essere solo all’inizio di un lungo percorso.
Arrivare insieme al Vinitaly nello stand Calabria significa raccontare con più forza e in modo coerente il nostro Cirò, pur mantenendo ognuno la propria identità di vignaiolo.
Per questo vi invito al Pad. 12 ad assaggiare oltre al mio Cirò quelli di Cataldo Calabretta, Assunta Dell’Aquila, Sergio Arcuri, Francesco e Vincenzo Scilanga di Cote di Franze e Mariangela Parrila di Tenuta del Conte.
E se qualcuno dovesse chiedermi perchè parlo anche degli altri vignaioli, nel rispondere non trovo parole migliori che quelle di Teobaldo Cappellano: Penso alle mie colline come una plaga anarchica, senza inquisitori o opposte fazioni, interiormente ricca se stimolata da severi e attenti critici; lotto per un collettivo in grado d’esprimere ancor oggi solidarietà contadina a chi, da Madre natura, non è stato premiato.
È un sogno? Permettemelo”.

Un unico commento ancora da parte mia: straordinario.