I Crémant d’Alsazia alla riscossa, ma il Prosecco…

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Le bolle francesi non sono solo quelle dello Champagne. Ci sono anche i crémant. In Alsazia, in Borgogna, nella Loira, nel Jura, a Bordeaux. Le maggiori regioni vinicole hanno il loro crémant, fatto col metodo classico, dodici mesi almeno fra il tiraggio e la commercializzazione. Però i crémant fanno fatica ad emergere. Ora – ci informa La Revue du Vin de France – i produttori del Crémant d’Alsace vogliono provare a imporsi sui mercati internazionali. Ma, nonostante ce ne siano di buonissimi (questo lo garantisco per prova provata) devono fare i conti con due concorrenti molto, molto scomodi: il primo ce l’hanno in casa, ed è lo Champagne, l’altro è italiano, ed è il Prosecco.
Pertanto, imporsi è – come scrive La Revue – “una missione tutt’altro che facile, dato che i crémant si muovono in una sorta di ‘ventre molle’ fra l’immagine di lusso che è associata allo Champagne e l’attrattività dei prodotti meno costosi, come il Prosecco italiano, popolari fra gli amanti dei cocktail”.
Insomma, se un tempo chi faceva bollicine doveva giocoforza confrontarsi solo con lo Champagne, oggi il Prosecco ha conquistato una visibilità e una penetrazione di mercato tali che lo si deve prendere nella dovuta considerazione. Tant’è che l’articolo della Revue ha due paragrafi piuttosto significativi, riguardo alle caratteristiche del Crémant d’Alsace. Il primo è quello che spiega che il Crémant alsaziano è fatto con “une méthode identique à celle du Champagne” (questo il titoletto). L’altro è quello che cerca di spiegare perché il Crémant dell’Alsazia è “différent du Prosecco” (altro titoletto grassettato), e dunque – dico io – costa per forza un po’ di più.
Il confronto, dicevo, è inevitabile, e per cercare di emergere gli alsaziani sono costretti a dirsi simili agli champagnisti e diversi dai prosecchisti. Il che alla fin fine – pensateci – va a vantaggio dell’idea di un’unicità del Prosecco.

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