Prendetelo come un divertissement inutile e frivolo, ma, come ho scritto altre volte, io mi affido ogni estate alle pesche per vaticinare la qualità dell’annata vinicola alle porte, un po’ come faceva Gianni Brera, che leggeva i fondi del caffè per ipotizzare chi avrebbe vinto il nuovo campionato di calcio (e talvolta ci indovinava). Ebbene, quest’anno la vedo male. Le pesche che ho mangiato durante i mesi estivi e che sto mangiando in questi giorni – mature, acerbe, sfatte; pesche bianche e gialle, nettarine, pesche tabacchiere, ogni genere di pesca disponibile sul banco dei fruttivendoli e sotto le tettoie improvvisate dagli agricoltori a bordo strada – si sono rilevate mediamente scialbette di sapore, salvo eccezioni piuttosto rare. Eppure ho provato pesche in tutt’Italia e da tutt’Italia.
Con le pesche andava decisamente meglio l’anno scorso, e infatti, nonostante l’annata problematica per via della peronospora e delle avversità atmosferiche, molti vini del 2023 mi si stanno rivelando convincenti oltre le migliori aspettative. Quest’anno le pesche promettono male. Mi auguro che si sbaglino, o che mi sbagli io, stante che, in fondo, si tratta solo di un vaticinio sempliciotto. O forse no, non è così infondato, perché l’uva è frutta, e se gli altri frutti hanno poco sapore, magari anche l’uva sarà così così.
Vediamo.
Intanto, incrocio le dita, ché anche quello è un gesto scaramantico inutile, ma non si sa mai.