Un Saint Julien del ’92, il punto di svolta a Bordeaux

ducru_label_240

I bene informati dicono che 1992 è un punto di svolta per i vini di Bordeaux. Sarebbe l’ultimo millesimo vinificato “all’antica”, come si faceva prima dell’avvento della tecnologia.
È Parker con il suo metro di giudizio a determinare la svolta. I vini si fanno più scuri. Più concentrati. Il legno è sempre più intenso e i tannini cambiano di prospettiva. Non che prima non ci fossero. È che erano diversi. Erano quelli dell’uva e non quelli del legno e delle altre diavolerie enologiche (o eno-slogiche).
Questo Saint Julien mi è stato servito alla cieca per ben due volte. E mi ha sempre sconvolto. Sì perché dopo aver letto che il 1992 è una annata da dimenticare, e che i vini avrebbero dovuto essere stati bevuti più di 10 anni fa, ti trovi di fronte a un vino che non corrisponde per nulla alla descrizione.
Innanzitutto è ben lungi dall’aver detto la sua ultima parola. Ha ancora tanti anni davanti. Non ha per niente l’aspetto del vino decadente o scarso. Si sentono il tartufo, la terra, l’evoluzione chiaramente è in atto, ma, ripeto, c’è ancora tanta vita. Sorprende il fatto che non ci siamo inteneriti per il vino di una annata difficile. È grande a prescindere.
Ancora una volta mi domando dove era e dove è la critica mondiale. Perché non è in grado di intuire la grandezza di un vino di queste dimensioni. Ancora più grande proprio perché emarginato. Se ne trovate (e dovrebbe costare non molto) prendetelo senza esitare un attimo.
Saint Julien 1992 Château Ducru-Beaucaillou
(93/100)

In questo articolo