Report, la Garganega e le sue declinazioni a Cap’alice

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Era da tempo che a Storie di Vini e Vigne a Cap’alice, l’eno osteria tipica napoletana, volevo dedicare una degustazione alla garganega. Amo i bianchi che sanno cavalcare il tempo e quelli da garganega sono tra i vini italiani di spicco e capaci di evolvere lungamente. Ho chiesto la collaborazione dell’esperto Angelo Peretti che ha accolto con piacere l’invito di presentare la selezione di vini da Garganega a Napoli.
In Campania abbiamo ottimi esempi di questa tipologia di vini che si concentrano particolarmente nel territorio irpino. Angelo ne ha scelti sei provenienti da suoli molto diversi tra loro proprio per sottolineare l’influenza del terreno sull’espressione del vino. Ovviamente gioca molto anche la personalità del produttore e questo valore aggiunto ha reso tutto molto stimolante e coinvolgente. Sei vini e sei persone che si esprimono attraverso la garganega ritrovando le radici umanistiche che hanno reso unico e straordinario il nostro paese.
Gambellara Classico Bocara 2015 Cavazza
Bocara è un cru dell’azienda storica del territorio di Gambellara, nella provincia di Vicenza. I vigneti di garganega sono su suolo caratterizzato da basalti e tufi di natura vulcanica, ricchi di sostanze minerali. I basalti affiorano dal terreno in forma di colonne poliedriche. Siamo ad est della zona classica di produzione della doc, la vigna è allevata nel tipico sistema della pergoletta veronese ed in prossimità del territorio del Soave. Questo vino è stato per tutti una felice scoperta. Nella sua semplicità ha mostrato una veste elegante, sottile, improntata sui toni minerali e di fiori bianchi, succoso, sapido e bella freschezza non esuberante.
Garganega Camporengo 2015 Le Fraghe
È la garganega di Matilde Poggi, raffinata interprete del territorio del Bardolino sul lago di Garda. Il suolo cambia di molto, è morenico, prende forma dall’incontro della morena del lago di Garda e quella della valle dell’Adige e tra loro c’è l’argilla dell’ex palude. Le vigne sono a Cavaion Veronese nella zona detta appunto Camporengo. La garganega è vendemmiata ben matura, non viene diraspata ed il mosto sosta sulle fecce fini per sei mesi. Il colore infatti è un giallo tendente all’oro, luminoso, il vino ha materia, appena fumé in apertura, spicca la sua vena minerale, poi fiori di glicine, pesca matura e mela. Pieno al sorso, scattante, mostra un andamento dinamico, ritmato tra note lievemente tanniche, la freschezza vivace e si allunga sui toni salini. Profondo e coinvolgente.
Soave Superiore Il Casale 2015 Agostino Vicentini
Soave è la garganega, il vigneto più esteso d’Italia. Il paesaggio appare incantevole, disegnato da dolci colline interamente dedicate ai filari di garganega e da deliziosi piccoli borghi del vino. L’azienda di Agostino Vicentini non è nel territorio classico, è a Colognola ai Colli ed il suo Soave Superiore rappresenta comunque una delle massime espressioni. Angelo Peretti ci racconta l’immagine di un vignaiolo semplice, un contadino appassionato che parla il suo dialetto. Il vino non è per nulla semplice e non credo che gli venga così bene per caso. Traspare l’identità di un interprete sensibile e competente, che sappia bene come si debba lavorare in vigna ed in cantina per ottenere un vino bianco di tale spessore. Ritornando alla natura dei suoli, qui il terreno è ricco di ghiaia, localmente detto ghiaione. Il vino al naso va inseguito, atteso, si racconta timidamente, sussurra fiori bianchi e piccole spezie, delicatamente fumè, all’assaggio mostra invece una personalità decisa, compatto, affilato, ruvido, e soprattutto sapido. Un gran bel bianco da attendere con curiosità.
Custoza Superiore Campo del Selese 2012 Albino Piona
Il Custoza in zona è stato sempre ritenuto il vino da osteria, un vin da gotti. Il gotto è quel bicchiere spesso senza gambo che ancora si ritrova con piacere nelle vecchie cantine con cucina. È quindi il vino della cordialità, della condivisione, che costa poco e senza troppe pretese. Silvio Piona ha voluto invece puntare alla qualità del suo Custoza con l’obbiettivo di riscattare le sorti di questo bianco da garganega. Che però non è in purezza, ma in uvaggio, come previsto dalla doc: 40% garganega, 20% trebbianello (nome locale del friulano), 20% fernanda (nome locale del cortese), 10% trebbiano e il restante 10% è composto da riesling, pinot bianco e chardonnay. Sélese sta per selciato, aia di mattoni sulla quale si batteva il frumento e la vigna dalla quale provengono le uve è appunto sulle colline dietro l’aia della proprietà Palazzina, nella frazione di San Rocco a Villafranca di Verona. Il suolo è di origine morenica e gode dell’influenza del lago di Garda che mitiga il clima. L’annata 2012 esce adesso in commercio. Traspare un vino bianco elegante e complesso, vibrante. Esprime i toni di mela golden, tipici della garganega ed una leggera tostatura.
Soave Vigna della Brà 2013 Filippi
A Filippo Filippi i vini vengono proprio bene. Mi sono sempre chiesta come potesse essere così timida una persona che fa vini tanto buoni. Immagino che dovrebbe avere maggiore sicurezza e consapevolezza di quanto riesce a realizzare. I vigneti sono sulla collina di Castelcerino, tra i più alti del territorio di produzione del Soave, a 500 metri di altitudine. Sono allevati a pergoletta su suoli vulcanici composti da tufo dove lavora in biologico. Vigna del Brà è un cru disegnato da vecchi filari di circa cinquant’anni circondati da bosco. Filippo lavora in biologico e i suoi sono vini naturali. Vigna del Bra 2013 si fa notare in degustazione, ha grande personalità, profondi e coinvolgente. Al naso fa pensare al colore giallo, sa di mela golden, acacia, genziana e leggermente allo zolfo. Il sorso è ricco, solare, vibrante, veloce nella beva per la spinta della freschezza ben integrata e lungo sulle note saline. Un gran bel vino.
Sassaia 2013 La Biancara Angiolino Maule
Angiolino Maule è noto per essere il presidente dell’associazione VinNatur e questo la dice lunga sul personaggio e sullo stile dei vini. Si ricerca quindi armonia con la natura, con la vigna verso la quale c’è un rapporto profondo e di grande rispetto. Siamo a Gambellara e la composizione dei suoli è molto variabile nello spazio di appena cinquanta metri. Sono di natura vulcanica, composti da basalti e da grossi ciottoli, ricchi di ferro, boro e manganese. Anche in vinificazione l’intervento di Angiolino e quasi nullo, le fermentazioni sono spontanee e avvengono in botte, nessuna chiarifica o filtrazione. Il vino infatti, una volta versato nel bicchiere, cambia velocemente, nel giro di pochi minuti da giallo dorato diviene ambrato. Anche al naso mostra la sua natura viva, sembra divorare l’ossigeno e divertirsi a raccontare una storia lunga, piena di colpi di scena. Ogni bottiglia è diversa, ogni sorso sorprende e sa incuriosire.