Il piacere dell’avventura e i vini dei territori minori

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Questo pezzo è dedicato ai bevitori di etichette. In genere si tratta di gente che beve benissimo e spende tantissimo per il vino. Ma che si fossilizza sui vini di prestigio, su pochi vini di prestigio, i soliti notissimi, e dunque assai raramente si avventura al di fuori dalla comfort zone di una manciata di etichette illustri, di solito provenienti da pochissime aree vinicole francesi e italiane (da limitate aree del Bordolese, dai cru dalla Borgogna, dalla Langa barolista, dalla Toscana più griffata, dalla Champagne dei blasoni, forse solo questi, che, per carità, non è poca cosa, ma è lontano dall’essere il panorama del vino). Smarrendo con questo il piacere della ricerca e della scoperta, insomma, dell’avventura. Dunque, sanno tutto, magari proprio tutto, di questa o quell’etichetta, ma quasi nulla di quel che vi è intorno.

Per esempio, credo che mai e poi mai andrebbero a cercare nelle denominazioni satellite del territorio bordolese. A Montagne-Saint-Émilion, per esempio, perché volgerebbero l’interesse solo ai grand cru classé dell’appellation principale, ammesso che non disdegnino anche quelli per dedicare la propria attenzione a Cheval Blanc o Angelus, premier grand cru classé A.

Bene, allora eccomi qui proprio con un vino dell’aoc minore di Montagne-Saint-Émilion, annata 1978. L’ho bevuto qualche giorno fa, trovandolo giovanissimo, pimpante. Certo, non aveva la fittezza dei fuoriclasse, ma ha retto il tempo con totale nonchalance, donandomi il piacere del fruttino – la melagrana, la marasca soprattutto – e di una freschezza che ne rendeva agile e spigliata la beva, tant’è che è stato perfetto compagno di un piatto (abbondante) di tortellini in brodo di cappone.

Il vino era quello di Château Montaiguillon, nome che penso pochi conoscano. Una di quelle realtà, tuttavia, che nella loro zona hanno sempre rappresentato, nel tempo, un punto di riferimento affidabile, e che dunque ci ha consegnato bottiglie che vale la pena di cercare, concentrandosi sulle annate buone, se non sulle eccellenti. La ’78 fu, a Saint-Émilion, una buona annata, e dunque ho messo insieme l’affidabilità del produttore e quella della vendemmia, e con due o tre decine di euro (sì, meno di trenta euro) mi sono concesso il lusso di una bottiglia di bella piacevolezza, con l’aggiunta dell’ulteriore piacere regalatomi dalla scoperta. Perché non ci sono solo le grandi etichette.

Un capolavoro? No, non un capolavoro, ma un buon vino sì, che vorrei avere ancora sulla mia tavola e nel mio calice.

Ecco, siate più avventurosi. Con giudizio.

Montagne-Saint-Émilion 1978 Château Montaiguillon
(88/100)