È la “qualità percepita” il concetto chiave del successo

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Oh, finalmente! Finalmente leggo che si parla di un concetto che mi sta particolarmente caro, quando si tratta di vino e di mercato e di successo sul mercato. Finalmente ho visto scrivere di “qualità percepita”.

Non c’è niente da fare, è questo il concetto cardine. La qualità, in sé, non vuol dire niente, è un concetto relativo. Invece è la “qualità percepita” dal consumatore, dal buyer, dalla critica quel che conta davvero.

Lo dico e lo scrivo da tempo. Il Prosecco vince perché la sua “qualità percepita” è perfetta per il pubblico cui è destinato, e poco importano i “distinguo” degli “esperti” e perfino di certi produttori sulla “qualità” (relativa o assoluta) del vino, che sarebbe da migliorare. Se milioni e milioni di persone nel mondo “percepiscono” la “qualità” attuale del Prosecco come adatta alle loro esigenze, chi può arrogarsi l’autorità per dire che hanno torto? Chi critica, potrà semmai solo dire che quella “qualità” non viene da lui “percepita” come sufficiente, e allora?

Lo stesso vale e varrà sempre di più per il Pinot Grigio, soprattutto ora che è nata la nuova doc “delle Venezie”. E mi conforta che sia proprio il presidente del neocostituito Consorzio di tutela “delle Venezie”, Albino Armani, a parlare, appunto, di “qualità percepita”.

L’ha affermato nel comunicato che ha accompagnato un convegno “pinot-grigista” all’edizione 2017 di Enovitis in Campo, manifestazione organizzata da Uiv e Veronafiere in collaborazione con Fieragricola.

“In particolare – è scritto -, oggi, vogliamo fare focus sul concetto di ‘qualità percepita’ che per noi significa definire un elevato profilo organolettico di riferimento capace di caratterizzare il nuovo Pinot Grigio ‘delle Venezie’ sul mercato rendendolo riconoscibile dal consumatore”.

Oh, là, era ora che qualcuno lo dicesse (oltre a me, intendo, immodestamente).

A proposito, da stime del Consorzio emerge che il giro d’affari nel neonato Pinot Grigio delle Venezie doc si aggira già sin d’ora attorno ai 750 milioni di euro e gli Stati Uniti contribuiscono, da soli, per circa 300 milioni negli Stati Uniti, e si badi che tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino si fa già ora l’85% di tutta la produzione italiana di Pinot Grigio e il 43% di quella mondiale, con circa 2 milioni di ettolitri (260 milioni di bottiglie) distribuiti su circa 24 mila ettari: 13.400 in Veneto, 7.100 in Friuli Venezia Giulia e 2.800 nella provincia di Trento. Impressionante, ammettiamolo.


2 comments

  1. Fabio

    Interessantissimo.
    Ammetto che ignoravo l’esistenza della «qualità percepita» del vino.
    Da quel che capisco, sembra assimilabile al concetto di temperatura percepita nei giorni di Caronti, Neroni e canicole come questi.
    Con la differenza che quest’ultima – quantomeno – si basa sull’incrocio tra dati quantitativi e verificabili, pur ingenerando nei lanci giornalistici equivoci e arbitrarie sostituzioni con la temperatura “reale”.
    Ora, la riflessione è: già la qualità “intrinseca” di un vino è senz’altro molto meno ancorata a valori misurabili quantitativamente di quanto lo sia la temperatura, per la quale basta un buon termometro all’ombra; ma la qualità percepita di un vino come si misura, invece?
    La conclusione che mi verrebbe di dare è che la qualità percepita di un vino – Pinot Grigio o Prosecco – non si riferisca tanto al vino in sé, bensì alla qualità di chi lo beve: al target di mercato cui si rivolge.
    Alle livello delle sue aspettative, alle sue capacità di “bere bene”. O meno.

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Sono sostanzialmente d’accordo con l’analisi, Fabio, ma c’è una maniera per “misurare” un concetto del genere e si basa su due diversi strumenti: le indagini di posizionamento e le indagini con gli strumenti delle neuroscienze.

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