Guardi che è un vino bio, glielo dico prima

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Ho fatto un cenno accondiscendente col capo, ma non sapevo come fare a trattenermi dal ridere.

Roma, un ristorante piuttosto frequentato. Sugli scaffali vedo il Chianti Classico della Badia a Coltibuono. Incredibile trovarlo lì, in mezzo ad altri vini che difficilmente berrei. Lo chiedo. Il cameriere mi fa: “È un Chianti bio”, scandendo le parole. Non replico, perché lo so bene che alla Badia a Coltibuono fanno agricoltura biologica. Torna al tavolo con la bottiglia e dice: “Guardi che è un Chianti bio, glielo dico perché a volte i clienti non lo sanno e poi si lamentano”. Sto per scoppiare a ridere, ma ho tre persone al tavolo e mi trattengo. Faccio un gesto di assenso. “Capisco”, aggiungo. Il cameriere se ne va soddisfatto.

Però ho capito davvero. Ho compreso che è perfettamente vero quel che ha scritto Joe Fattorini su Harpers Wine & Spirit, e cioè che la ritrosia verso il “naturale” ha origine dalle convinzioni sedimentate nei consumatori trent’anni fa, quando uscivano i primi prodotti biologici, che spesso non eccellevano per qualità. Eccola qui la prova provata, servitami al tavolo in un ristorante di Roma.

Com’era il vino? Semplicemente buonissimo, come lo è sempre il Chianti Classico della Badia a Coltibuono, con quel frutto che schiocca in bocca e quelle vene terrose che per me cantano la bellezza di quel territorio. Un vino di esemplare leggerezza, e anche di esemplare serietà, e di esemplare bevibilità. Un vino che non ti stanchi ad averlo nel calice, e che sostiene il cibo e la conversazione, e che fa stare bene a condividerlo. Magari ho preferito altre annate a questo 2016, ma resta sempre una gran bel vino.

Chianti Classico 2016 Badia a Coltibuono
(88/100)