Compratelo adesso e bevetelo nel 2060

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Lo so che se un critico italiano scrivesse che i vini di una certa denominazione vanno comprati adesso per berli nel 2060 susciterebbe la generale ilarità. Me li figuro i commenti sarcastici sui social. Eppure di là, in Francia, è la normalità, quando si parla di vini di zone importanti. Vini che, certo, si possono stappare anche subito, ma che sono destinati a dare il meglio di sé nel tempo. Per questo li cercano i collezionisti e i ristoratori di punta di mezzo mondo e sono anche disposti a pagarli un bel po’.

A titolare “I migliori 2015 vi delizieranno nel 2060!” è La Revue du Vin de France. Ad affermarlo, a proposito dei rossi bordolesi di Saint-Èmilion, è Pierre Citerne, che li ha assaggiati per la rivista francese.

“L’annata 2015 – afferma – si situa innegabilmente tra le linee dei grandi millesimi da invecchiamento, di alta costituzione tannica. Anche se hanno senza dubbio meno estratti dei 2005 o dei 2010, si dovrà attendere almeno una decina d’anni perché i vini ci consegnino il loro potenziale. I migliori sono attrezzati per durare un mezzo secolo”.

Oh, sì, me l’immagino la scrollata di capo di qualcuno che ritiene che non si possa ragionevolmente fare un vaticinio di così lunga gittata e dico che, sì, in Italia non si può fare. Ma a Bordeaux si può. Per un semplice motivo.

Da noi non c’è, nelle cantine, un archivio sufficiente ampio di annate che consenta alla critica di farsi un’idea precisa del potenziale evolutivo dei vini di un territorio. Salvo pochissime eccezioni, non c’è neppure per il Barolo o il Chianti o il Brunello. Addirittura, alcuni territori vinicolo italiani sono così giovani che al massimo si potrebbe andare indietro fino alla seconda metà degli anni Ottanta.

A Bordeaux ci sono invece decine e decine di château che hanno in cantina una serie lunghissima di bottiglie di annate passate, e dunque si può comprendere piuttosto bene quale sia il potenziale evolutivo di una certa vendemmia, figlia di una certa evoluzione stagionale, che trova magari riscontri in altre precenti annate, anche piuttosto remote.

Di conseguenza, c’è differenza anche nelle capacità di lettura del potenziale vinicolo da parte della critica italiana, che ha pochi punti di riferimento, e da parte della critica estera, che invece ha maggiore allenamento. Non si tratta di differenze di poco conto.