Château de Chambert, l’essenza del malbec

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Se posso permettermi la definizione, mi ritengo un democratico del vino. Non ho convinzioni aprioristiche, non ho varietà che non voglio vedere nel mio bicchiere. Anzi, se qualcosa mi convince poco, faccio di tutto per assaggiarlo ed eventualmente cambiare idea. Chi ha visto la mia cantina capisce facilmente che la curiosità è il motore della mia passione.

Come tutti però ho delle cose che senza esitazione mi attirano, che già immagino mi piaceranno. In altri casi ho bisogno di uno sforzo mentale, di superare un pizzico di supponenza che comunque ci portiamo dietro. Queste riflessioni mi derivano da una recente degustazione di una proprietà situata nel sud-ovest della Francia, precisamente nella aoc Cahors. E la varietà emblematica di questa denominazione, il malbec, è proprio una di quelle che non sempre riesce a toccare le mie corde, per usare un eufemismo.

Ho sempre intuito un grande potenziale in quest’uva, ma quasi sempre inespresso. Si tratta di una varietà molto caratterizzata, con colori cupi, tannini decisi, che a tratti mi ricorda il sagrantino, altro vino che fatico ad amare. Mi sembra che l’equazione grande maturità, dolcezza del frutto, legno nuovo, produca dei mostri di potenza che però non riescono a trasmettermi il senso del terroir. Piaceranno a qualcuno ma non a me. E questa è anche la visione della gran parte dei vini prodotti in Sudamerica con questa varietà. Non che molti francesi siano migliori, e potrei citare anche produttori molto in voga, naturali o biodinamici, che assaggio ogni anno nella speranza di trovare la scintilla che mi illumini.

Finalmente ho trovato in Château de Chambert il senso del luogo e del malbec, e vi vorrei raccontare le mie impressioni.

Si tratta di una proprietà storica e nobile, che già nel XVII secolo esportava in tutta Europa e in America. Ad inizio Novecento incomincia un lento declino che porterà i vigneti al completo abbandono. Nel 1973 viene acquistato da un négociant di vino che si appassiona alla storia del luogo e intravede la possibilità di produrre dei grandi vini.

Il suolo, per il fatto di essere stato totalmente dimenticato per oltre settanta anni, non ha mai conosciuto i disastri della chimica, era quindi del tutto vergine. Inizia quindi una preziosa opera di classificazione dei suoli e delle esposizioni, con impianto di vigne secondi i precetti dell’agricoltura biologica e successivamente biodinamica, grazie anche all’aiuto di Jacques Mell, pioniere in questo settore.

Oggi la proprietà conta 65 ettari piantati e copre i vari settori di Cahors (chiamati “terrasses”). Le vigne sono tutte circondate da foreste, per garantire il massimo di biodiversità. La complessità si traduce in circa cento parcelle, vinificate tutte separatamente.

Due parole su Cahors. La denominazione si trova a circa cento chilometri al nord di Tolosa, e segue il corso del fiume Lot che scorre verso ovest. Le colline circondano la valle e a seconda della loro altezza hanno una classificazione diversa. Il suolo è calcareo e ricorda molto quello di Chablis, con intrusioni di depositi alluvionali e argille rosse. Il malbec qui ha una maturità tardiva, verso metà ottobre, favorita anche dal famoso “vent d’autan”, che aiuta a raggiungere in modo graduale il giusto grado di maturazione.

Allo Château de Chambert le fermentazioni si fanno nelle numerose vasche di cemento, senza uso di lieviti esogeni e cercando una estrazione il più dolce possibile dei tannini. Fino al 2012 si sono usate barriques, mentre oggi l’affinamento avviene in botti da 30 ettolitri e in piccola parte in cemento. Il cambiamento è sensibile e il miglioramento di tutti i parametri è davvero impressionante, soprattutto per la qualità del tannino.

Vediamo la panoramica sui vini aziendali, seguendo l’ordine di servizio delal degustazione che ho avuto modo di fare e non limitandoci ai rossi dell’appellation Cahors.

Vin de France Rosé Lin+Phil Lejeune 2018. Ottenuto da saignée di malbec. Colore rubino non particolarmente chiaro. Naso di radici, terra, cuoio, ciliegia, mescola frutto ad elementi più viscerali. Palato serio, ha frutto dolce e forse difetta in acidità. Finale di granatina e con un pizzico di freschezza di ritorno. (82/100)

Vin de France Chardonnay Lin+Phil Lejeune 2018. È stato scelto lo chardonnay per sottolineare la vicinanza tra i suoli di Chablis e quelli di questa zona di Cahors. È il primo anno di produzione, vigna esposta ad est. Vinificazione in cemento, senza uso di legno, scelta banale. Dopo una inziale riduzione si sviluppano aromi minerali di polvere da sparo. Sorprende per il fatto non essere per nulla varietale. Una buona sostanza nel bicchiere, acidità in rilievo, sembra più nordico che sudista. Lungo e salino. (85/100)

Cahors l’Allée de Chambert 2015. L’uva arriva dalle parcelle più fredde e più elevate della proprietà. Solitamente meno tannico, affina solo in cemento. Colore molto giovane, naso di pepe, cuoio, inchiostro, resina, ha profondità. È un vino lineare, che dall’ingresso alla fine ha una sua spinta costante. Ritorno di aromi di inchiostro e mora, finale di pepe nero e paprica. Tannini maturi. (88/100)

Cahors Château de Chambert 2014. Novanta per cento malbec con un saldo di merlot. Suolo simile ma più in basso e con vigne protette da una foresta. Maturazione in botti grandi. Colore intenso. Fiori, pepe, inchiostro, aromi di legno e di affumicato, che però rimangono in sottofondo e poi spariscono. Un vino molto buono nonostante il terroir sia meno presente che nei successivi, a causa di una vinificazione più interventista (così ha detto il responsabile tecnico Nicolas Carron). In quegli anni si usavano più prodotti di cantina. C’è una grande materia, sembra che comunque il terroir alla fine sia più forte della mano dell’uomo. È uno dei vini più accessibili, abbinando complessità a succosità del frutto. (92/100)

Cahors Château de Chambert 2012. È l’ultimo anno nel quale si è fatto uso di barriques. Naso più dolce e dal profilo vagamente internazionale. L’uso del legno è però tutt’altro che volgare. Fresco e con una buona acidità, accusa una certa rigidità nel finale, i tannini seccano il palato. (87/100)

Cahors Grand Vin Château de Chambert 2007. Si tratta della selezione delle vigne migliori, le cinque o sei che si trovano intorno al castello. Il colore è ancora scuro e giovanile. Si sentono il mirtillo maturo, le spezie e il tartufo nero. Un bel bouquet complesso che inizia ad evolvere. La indubbia materia è tenuta a freno da una vena acida molto evidente, l’uscita è vagamente amarognola e ancora molto tannica. Uno stile più tradizionale per un vino comunque equilibrato, che chiama il cibo. Finale quasi piccante di pepe, confettura e violetta. (90/100)

Cahors Grand Vin Château de Chambert 2012. Il Grand Vin è una sintesi dei tre tipi di suolo aziendale. Le vigne hanno almeno quarant’anni di età. Lieviti spontanei e élévage in botti da 30 ettolitri. Ancora molto giovane, ma paradossalmente sembra più evoluto del precedente. Spezie, frutta matura e in genere molto frutto in rilievo. Il tannino è ancora vivace ma fitto. Finale di inchiostro e pepe, torna l’impressione di piccantezza. (90/100)

Cahors Grand Vin Château de Chambert 2014. Ancora una livrea cupa. Più complesso dei precedenti. Liquirizia, erbe, menta infusa, vira verso il vegetale senza però sembrare poco maturo. Palato formidabile, occupato totalmente dal vino che si espande con classe e potenza. Il tannino diventa architettura, scandisce i tempi del vino. Colpisce la perfetta definizione del terroir. Brillante, lungo, dinamico, anche il finale è gestito dalla parte tannica. Da mettere in cantina per i prossimi venti anni. (94/100)

Cahors Cerisiers Château de Chambert 2014. Gli ultimi due vini sono delle selezioni parcellari, da vigneti che si trovano ad appena 250 metri di distanza. L’eticehetta prende il nome dal fatto che le vigne sono bordate da piante di ciliegio. Suolo argillo-calcareo. Ha un colore più chiaro e profumi più freschi di ciliegia e fiori. Se il seguente spinge sulla materia, questo approfondisce le parti più fini del malbec. Elegante, lungo, ha un tannino più fine e modulato. Finale di fiori freschi tagliati e frutta acidula tipo lampone. Un seduttore. (96/100)

Cahors Petite Maison Château Chambert 2014. Suolo più giovane, con argille ferrose e calcare. Vinificato allo stesso modo del precedente: niente solfiti e lieviti indigeni. Naso denso e compatto, il frutto è in primo piano, quasi massiccio. Poi la classica nota di inchiostro, marchio di fabbrica, e per terminare arrivano aromi di resina, pino e pomodoro secco. Ricco e grasso, è sicuramente più muscolare e alcolico del Cerisiers, finisce su dei bei tannini maturi e salino. (95/100)