Anch’io ho i miei vini “Aha!”, e voi?

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Certo che ce li ho anch’io i miei vini “Aha!”. Sì, quelle bottiglie che sono una rivelazione, una scossa, e insomma ti aprono orizzonti inattesi, ti fanno esclamare proprio così: “Aha!”

Lo dice Matt Kramer, l’editorialista di Wine Spectator che per me è una sorta di icona del wine writing. Scrive che chi si avvicina al vino ha “la grande aspettativa di un’epifania vinicola, di un momento ‘Aha!’ che ti trasforma”.

Ecco, ho avuto anch’io i miei vini epifanici, rivelatori. Quelli che mi hanno cambiato la maniera di vedere e leggere e pensare il vino. Sono quattro. Adesso ve li racconto. Tutti e quattro mi hanno fatto esclamare: “Aha!”

Savennières Coulée de Serrant Clos de la Coulée de Serrant 1993 Nicolas Joly

Non mi aveva mica fatto una grande impressione questo bianco quando lo assaggiai la prima volta in un tasting che avevo organizzato. Sarà stato quasi una ventina di anni fa. Di biodinamica non sapevo alcunché, non era così di moda come adesso. Era chiuso, ostico, non mi diceva niente. La mattina dopo andai a riordinare la stanza. C’era una mezza bottiglia aperta, fuori dal frigo. Me ne versai un goccio, ne venni folgorato. Fu il vino che mi fece comprendere l’importanza della pazienza, dell’attesa.

Rheingau Rauenthaler Gehrn Riesling Spätlese 1979 Verwaltung der Staatsweingüter Eltville

Del Riesling tedesco conoscevo poco e le esperienze che avevo avuto sino ad allora non erano state indimenticabili, però leggevo della sua strepitosa capacità di invecchiare e ne ero molto incuriosito. Così, una quindicina di anni fa, presi a navigare su internet per vedere se ci fosse qualcosa di vecchietto da comprare senza svenarmi. Misi le mani su un lotto di bottiglie degli anni Settanta della cantina di stato di Eltville. Fu il vino che mi aprì le porte del concetto di equilibrio, che sa sfidare il tempo.

Saint-Émilion 1962 Château Fonplégade

Era da un po’ che bazzicavo fra i rossi bordolesi degli anni Ottanta, ed ero confuso, perché a metà decennio c’era stato un salto stilistico, dalla leggerezza alla potenza. Non avevo ancora trovato il coraggio di spingermi più indietro. Finché acquistai qualche bottiglia degli anni Sessanta e Settanta e in quel primo acquisto c’era questo Saint-Émilion del ’62. Trovai nel calice un frutto di giovinezza impensata, impensabile. Fu il vino che mi svelò la bellezza cristallina che non viene intaccato dagli anni.

Bardolino Extra 1959 Bertani

Avevo letto sui libri di fine Ottocento e di inizio Novecento del Bardolino del passato, che veniva servito insieme ai Beaujolais negli hotel svizzeri. Avevo acquistato un ’47, un ’59 e un ’61, ma li avevo risposti sul caminetto come soprammobili. Però mi impressionava la loro tenuta di colore. Così cercai di nuovo il ’59 e lo apriii, senza eccesso d’aspettativa, un anno fa. Un Bardolino cinquantasettenne, e sapeva di marasca succosa. Fu il vino che mi confermò che non è la potenza a descrivere un terroir.