Addio a Nello Letrari, pioniere del vino italiano

letrari

Nell’epoca dei social network le notizie viaggiano veloci. Io l’ho appreso dalla pagina Facebook di Nereo Pederzolli, giornalista trentino. “Sono molto triste: ho appena saputo che ci ha lasciato Nello Letrari il mio sincero vecchio amico, vero patriarca del vino. Un GRANDE che non dobbiamo dimenticare”, ha scritto.

Basterebbero queste due righe.

Nello Letrari è uno degli uomini che più hanno contribuito all’affermazione del vino italiano, non solo di quello trentino. All’anagrafe faceva Leonello. Aveva ottantasei anni.

Si definiva un “mezzosangue”. Perché era nato in terra trentina, ma al confine con Verona: a Borghetto, comune di Avio, Valdadige, un tiro di schioppo da Brentino Belluno. Poi perché veronese lo era un po’ per via della nonna paterna, che era “taliàna” della Lessinia. E veronese è stato anche il suo apprendistato vinicolo, le basi da cui s’è formato come produttore. E che produttore: uno dei grandi rinnovatori dell’enologia nazionale, uno dei padri della spumantistica trentina.

La prima vendemmia fu quella del 1950. Nello allora era fresco di studi all’istituto agrario di San Michele all’Adige. Prestava servizio quell’anno nei vigneti del marchese Anselmo Guerrieri Gonzaga, alla tenuta San Leonardo di Avio.

Poi, la voglia di misurarsi in cantina: eccolo ogni lunedì mattina in piazza Erbe, a Verona, per cercar occupazione da enologo. Il primo lavoro glielo diede un tal Melandri, che aveva affittato la cantina Poggi, ad Affi: 60 mila lire di stipendio, “una cifra impensabile, quasi pazzesca”, ricordava lui nel libro che Nereo gli aveva dedicato per le sue “prime” cinquanta vendemmie.

Dopo Affi, nuovo lavoro: a Negrar, alla casa vinicola Sartori, a confrontarsi coi vini di Valpolicella. Quindi il ritorno in Trentino, alla Bossi Fedrigotti, dove nel 1961 “inventò” il Fojaneghe rosso, primo taglio bordolese della provincia.

Successivamente, ecco l’avventura spumantistica: fondò l’Equipe 5, per dimostrare che non di solo Ferrari vive Trento, e fu un altro successo. Infine, l’azienda di famiglia: Letrari, appunto, a Rovereto. Oggi, un simbolo del vino trentino. “È semplicemente un uomo che ha capito come coniugare vite con vita” diceva Nereo parlando di lui. Mica cosa da poco. Un monumento.

Il suo testimone è stato raccolto dalla figlia Lucia, enologa. La tradizione di famiglia continua.


3 comments

  1. Alberto Romanato delegato Ais padova

    Ci ha lasciato un’ icona dell’ enologia Trentina e non solo. Ho avuto modo di parlare insieme e capire la profondità di un pensiero della sua azienda e territorio.
    Le mie sentite condoglianze.

  2. Lucia Letrari

    grazie davvero del ricordo di papà uomo semplice e figlio del suo territorio, che spero vegli ora sul mio operato e ne sia soddisfatto!

  3. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Papà sarà sempre al tuo fianco, Lucia. Un abbraccio.

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