Sannio felix

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“Benevento ci aspetta, con quel suo nome che si attaglia perfettamente alle colline dolci, al sole fresco e alle nubi in corsa di una giornata spettacolare. L’avvicinamento alla città è tutto un gioco di saliscendi, l’Appia molla il traffico e scende a sinistra per una strada fortunatamente chiusa oltre la linea ferroviaria. Tramontana che disegna onde lunghe sui campi di grano, un cavallo nero al galoppo, galli che chiamano e, lontano, l’ombra del Taburno che pare una dormiente.” Paolo Rumiz “Appia”.

Queste parole descrivono bene la meraviglia che prende lo sguardo quando si arriva nel Sannio. Paolo Rumiz che ha percorso tutta l’Appia antica a piedi, è rimasto in basso, nel corridoio tra il “monte chiamato Taburno e il selvaggio Partenio”.

Io e una decina di scrittori di vino e gastronomia ci siamo invece immersi per tre giorni negli anfratti di un paesaggio agrario dall’incredibile varietà: vigneti, seminativi, colline, boschi e montagne. Ci hanno accompagnato in questo bel viaggio Libero Rillo, Nicola Matarazzo e Pasquale Carlo, i tre “guerrieri sanniti” alla guida del Consorzio Vini Sannio, che di guerrieri ne conta 2500 (tale è il numero degli associati) e tutti risoluti a promuovere il territorio, non soltanto attraverso il vino.

Sono stati tre giorni incredibili, in cui si è aperto uno scrigno di cose buone e belle: la Falanghina del Sannio e l’Aglianico del Taburno, punta di diamante di un’economia viticola che produce quasi il 50% di tutto il vino della Campania, i gustosi piatti della tradizione proposti dalle nuove leve della ristorazione locale, le architetture e i percorsi di una storia millenaria che fanno del Sannio una sorta di “Mediterraneo interiore”, un luogo senza mare, ma attraversato dalle migrazioni dei popoli che il mare l’hanno attraversato, arrivando, magari, fino all’Oriente.

Questa è l’introduzione. Nei prossimi capitoli alcune “piccole grandi storie” di un territorio che – credetemi – vale la pena di visitare.