Rossi Bordò

bordo_500

Ho viaggiato qualche giorno fa in un bel numero di bicchieri di ottimi rossi.

Hanno una lunga storia, i vini bordolesi veneti, ma ciò sembra non bastare per farli uscire allo scoperto. Restano sempre un po’ sullo sfondo, mentre il mondo celebra Bolgheri e il Sassicaia.

Già nel Settecento, in Veneto e in Toscana, si scriveva della possibilità di coltivare anche in Italia quelle uve che in Francia davano origine all’acclamato Claret di Bordeaux, ma è circa alla metà dell’Ottocento che le cosiddette varietà bordolesi si diffondono in Veneto, sui Colli Euganei e nel vicentino (Conti Corinaldi a Lispida e Conte Alvise da Schio).

Le varietà cabernet sauvignon, cabernet franc, merlot, malbec e carmenere (quest’ultimo soltanto di recente distinto dal cabernet franc) hanno da tempo trovato casa in Veneto, divenendo protagonisti della tradizione enologica dei luoghi, ma dovendo fare pure i conti a lungo con una produzione mirata più alla quantità che alla qualità.

A partire dagli anni settanta, questo incontro felice tra varietà bordolesi e territorio veneto ha iniziato a mostrarsi in particolari territori – Colli Euganei, Colli Berici, Breganze, Montello e Colli Asolani – con vini di grande carattere.  Ci furono vini pionieri, come il Capo di Stato di Loredan Gasparini o il Fratta di Maculan e altre eccellenze come il Rosso dell’Abazia di Serafini e Vidotto o il Gemola di Vignalta.

Gli amici della guida Slow Wine si sono chiesti se non sia giunto il momento della riscossa per questi vini, considerati “nostrani” in terra veneta e qualche giorno fa ci hanno proposto un viaggio tra i diversi territori, rappresentati da 23 etichette.

È stato un gioco del piacere che non ha voluto designare vinti e vincitori, ma piuttosto far riflettere su un possibile progetto per questa tipologia di vini.

“ Sarebbe bello – ha affermato il curatore nazionale della guida Fabio Giavedoni – poter fare qui ciò che si sta facendo sull’Etna in Sicila, o per il Derthona con il Timorasso in Piemonte, vale a dire un progetto di denominazione veneta complessiva che parta dai produttori e si declini in diversi Village”.

Due, a grandi linee, le direzioni interpretative che si sono notate negli assaggi: una centrata su un profilo più fresco e diretto, con la scorrevolezza gustativa in primo piano e una spiccata sapidità, dai tratti minerali; l’altra che punta, invece, più sulla morbidezza e su una materica complessità, data da una surmaturazione delle uve o forse da breve appassimento.

Hanno lavorato due commissioni, ciascuna formata da 20 persone, tra produttori e appassionati.

Le aziende che hanno partecipato con vini in gran parte dell’annata 2015 sono: Borin vini e vigne, Calalta, Ca’ Lustra, Ca’ Orologio, Case Paolin, Conte Emo Capodilista La Montecchia, Giorgio Cecchetto, Gregoletto, Ida Agnoletti, Il Filò delle Vigne, Il Mottolo, Inama, La Biancara, Maculan, Masari, Piovene Porto Godi, Quota 101, Sambin, Sorelle Bronca, Vignale di Cecilia, Vignalta, Vignaroda e Vigneto due Santi.

Le maggiori preferenze sono andate al Fratta di Maculan, al Colli Berici Carmenere Riserva Oratorio di San Lorenzo di Inama e al Montello Colli Asolani San Carlo di Case Paolin.

I curatori veneti della guida hanno scelto poi il Masari Rosso della omonima azienda in Valle dell’Agno.

Tra i dodici assaggi della mia commissione, ho messo in cima alla lista personale per austerità, finezza, allungo sapido e per il carattere deciso il Colli Euganei Rosso Serro 2016 de Il Mottolo, dai toni mediterranei, giovanissimo.