L’assaggio del vino e le certezze del tatto

cartesio_500

C’è stata nei mesi scorsi tra gli appassionati e i professionisti del vino una sorta di “disfida dei sensi” a seguito dell’uscita di due libri. Da una parte chi si schierava con Luigi Moio e il suo “Il respiro del vino”, che esalta l’olfatto come il principale tra i sensi coinvolti nell’assaggio del vino. Dall’altra parte chi stava con Jacky Rigaux e il suo “Il vino capovolto”, nel quale si ritengono prioritarie le percezioni tattili.

Io, pur con tutta la stima per Moio e anzi con ammirazione per quel che scrive e per come lo scrive, quando si tratta di dare una priorità ai sensi messi in gioco dall’assaggio del vino, sto dalla parte del tatto. Che l’olfatto sia ingannevole e ingannabile mi pare assodato. Che il tatto offra maggiori sicurezze percettive non tutti lo ritengono accettato. Eppure “il tatto è ritenuto il meno ingannevole, anzi il più certo, di tutti i nostri sensi”.

Il virgolettato che ho riportato qui sopra ha qualche anno sulle spalle. È del Seicento. Viene da “Il mondo”, un trattato di René Descartes, più noto come Cartesio, filosofo.

Ora, ha certamente ragione Moio ad affermare che noi esseri umani l’olfatto l’abbiamo sviluppato per affinare la capacità di valutare se un cibo che stiamo per ingerire ci possa far del male e che quindi tornare ad allenare l’olfatto sia preziosissimo nell’approccio al vino. Ma ha altrettanto ragione chi osserva che è il tatto a darci sicurezza. Ricordate la faccenda di san Tommaso che deve “toccare” le ferite di Cristo per credere di aver davanti il risorto?

Del resto, vi è mai capitato di toccare il rubinetto dell’acqua per avere conferma se è chiuso bene anche se la vista vi dice che non sta scendendo acqua? E di provare a smuovere la maniglia della porta per verificare se è chiusa pur avendo certezza di aver già girato la chiave? Non sono tic nervosi o, peggio, disturbi compulsivi. Sono normali ricerche di conferme attraverso il senso che avvertiamo come più sicuro, e questo senso è il tatto.

“Forse ci fidiamo più del tatto perché toccare un oggetto, piuttosto che guardarlo, ci fa sentire più attivi e padroni di noi”. Stavolta il virgolettato è di Ophelia Deroy, una filosofa della mente e delle neuroscienze cognitive.

Ebbene, potrei parafrasare scrivendo che io, nell’assaggio di un vino, mi fido prima di tutto delle sensazioni tattili che percepisco al palato, piuttosto che dei profumi, perché questo mi fa sentire più attivo e padrone di me stesso. Magari un enologo pensa esattamente il contrario. Ma questo lo ritengo ovvio. Infatti io non faccio l’enologo, io faccio il bevitore che scrive anche di vino. L’enologo fa l’enologo. Sono approcci diversi allo stesso tema.

Io credo che chi scrive di vino sia meglio che non abbia l’approccio dell’enologo, ma ovviamente è una mia opinione, e come tale è opinabile. Però, nutrendo grande stima per la perizia degli enologi, ritengo che sia meglio che ciascuno faccia il proprio lavoro e che lo faccia utilizzando strumenti, anche sensoriali, diversi. Io dunque tendo ad anteporre le sensazioni tattili a quelle olfattive. Lo faccio perché è questo che mi dice la mia esperienza di bevitore. Altri la possono legittimamente pensare in maniera diversa, non gli tolgo certo il saluto per questo, né metto in discussione la validità del loro giudizio. Sono infatti convinto che i pareri sul vino siano sempre soggettivi.

Però torno a Ophelia Deroy e la cito nuovamente quando dice che “contrariamente al detto ‘vedere per credere’, è il tatto che ci assicura il controllo e la conoscenza della realtà”. Ne sono quanto mai convinto.


2 comments

  1. riccardo viscardi

    caro peretti , non condivido nulla ma sei sempre nel mio cuore. Rammento che tutte le grandi scoperte dell’uomo sono frutto del pensiero astratto e non del tatto, inoltre i vini li riconosci al 90% dall’olfatto che è molto più significativo del gusto estremamente limitato come soglie percettive e come capacità analitica, lo dicono i fisiologi. Ma ormai siamo nelle mani dei filosofi anche su argomenti sui quali non dovrebbero intervenire.

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Caro Viscardi, scrivendo queste cose pensavo proprio a te e alla tua reazione, che non avevo dubbi sarebbe stata questa, in quanto altre volte avevi espresso il tuo pensiero sul tema: come vedi, anche tu sei sempre nel mio cuore anche se la pensiamo in maniera diversa. Condivido tuttavia che le grandi scoperte dell’uomo siano frutto del pensiero astratto. Il che significa che non appartengono né al tatto, né all’olfatto, ma questo mi pare ovvio. Stiamo tuttavia parlando d’altro, ossia se si debbano ritenere prevalenti gli elementi olfattivi o quelli tattili nella valutazione di un vino. Per te lo sono gli elementi olfattivi, per me quelli tattili. Attenzione: parlo di prevalenza, non di esclusività.

Non è possibile commentare