Il Falistra, quando il Sorbara è proprio buono

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Ve la ricordate quella canzone anarchica di Francesco Guccini? Diceva: “Non so che viso avesse, neppure come si chiamava”. Ecco, mi veniva in mente proprio ‘sta canzone – absit iniuria verbis – mentre estraevo dagli anfratti della mia cantina una bottiglia del Falistra, il Lambrusco di Sorbara del Podere Il Saliceto. Perché non avevo e non ho tuttora la minima idea né di dove l’abbia comprato, né di quando – forse un anno, forse due – l’abbia comprato. Probabilmente a una qualche fiera di vignaioli più o meno “naturali”. Non mi aiuta a ricordare neppure lo strato di muffa che si è depositato sull’etichetta nella mia umidissima (e dunque perfetta) cantina.
Il fatto è che ‘sta bottiglia mi capitava sempre per le mani quando scendevo in cantina e stasera (sto scrivendo di sera, voi leggerete quando avrete tempo e voglia) quel vino mi si è impiantato in testa e ho dovuto stapparlo.
Stramaledetto vino, ché me ne son bevuto più di mezza bottiglia (e addio propositi di dieta).
Buono, buonissimo, superlativamente buono, come sa essere il Sorbara quand’è fatto bene, e dunque scarichino di colore (quasi giallo), e dunque fruttatino come lo è una manciata di semini di melagrana o di uvaspina, e dunque speziatino come mi piace che lo siano i vini che trasudano l’anima della loro terra, e dunque salato come tutti i vini che mi piace definire gastronomici. E si beve, si beve, si beve.
Ecco, questo è uno di quei vini che mi fanno dire che il Sorbara è un gran vino.
Lambrusco di Sorbara Falistra Podere Il Saliceto
(90/100)

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