Cantine Garrone, essenza della Val d’Ossola

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Da circa un secolo, i Garrone rappresentano il riferimento del vino della Val d’Ossola, nel nord del Piemonte. Furono loro a promuovere il ritorno al commercio vinicolo locale, dopo la grande crisi e l’abbandono della viticoltura provocati dalle inarrestabili malattie che colpirono la vite nella seconda metà dell’Ottocento, e sono stati loro, più di recente, a spingere perché la zona avesse una propria denominazione di origine, dal nome Valli Ossolane. Una sfida epocale. Prima della fillossera la vallata aveva novecento ettari di vigneti, ora ce ne sono una cinquantina, di cui appena diciotto rivendicati come doc. “La cosa bella – dice il giovane Marco Garrone – è che la curva del vino della Val d’Ossola si sta invertendo. C’è un ritorno alla viticoltura”. Sì, è una bella cosa.

Ho incontrato Marco nella cinquecentesca Cà d’Maté che appartiene alla sua famiglia, nel borgo di Oira, comune di Crevoladossola. Oira è il punto più stretto della valle, e in quella “casa forte” costruita in pietra c’era la dogana. Nella cantinetta che sta a ridosso della Cà ci sono solo botti grandi, da venti ettolitri. “Preferiamo un approccio leggero ai nebbioli ossolani. Hanno un grande corpo, e di conseguenza l’apporto del legno deve essere delicato“, mi ha detto. Il nebbiolo, che qui si chiama prünent, è prevalente, anche se spesso le vigne più vecchie, coltivate a pergola messa in orizzontale, sono miste. Hanno, insieme, ceppi di nebbiolo e di croatina. Il terzo vitigno della zona è il merlot, che forse ha valicato le Alpi, dal Canton Ticino, un secolo fa.

Era proprio agli svizzeri che i Garrone vendevano il vino rosso ossolano, finché il papà di Marco, Roberto Garrone, negli anni Novanta decise di prendere la questione di petto e di dare al vino della Val d’Ossola un impulso nuovo e una prospettiva più ampia. Fino ad allora vigne sue non ne possedeva, si limitava alla commercializzazione del vino. Si mise dunque ad acquistare uva da piccolissimi coltivatori della zona e a vinificarla in proprio, per crescere in qualità. Ora i conferenti sono quasi una quarantina, in tutto lavorano una decina di ettari. Nel frattempo, i Garrone sono anche riusciti a comprarsi tre ettari, che coltivano solo a prünent. In tutto fanno cinquanta-sessantamila bottiglie. Pochissime per altri territori, tante per la Val d’Ossola. Soprattutto, sono vini che lasciano il segno, scritti con la calligrafia della valle. Mi sono piaciuti, mi hanno colpito.

Valli Ossolane Rosso Cà d’Maté 2021 Cantine Garrone. Nonostante il nebbiolo sia del tutto prevalente sulla croatina, è poco nebbiolista, se non per la traccia di violetta, e molto ossolano, e dunque montanaro, terroso e rustico, e di consistente acidità. (88/100)

Valli Ossolane Rosso Cà d’Maté 2022 Cantine Garrone. Il tannino è solidissimo, il frutto nitido e maturo, croccante. La vena officinale è perfettamente delineata. Marco dice che la 2022 è stata una bella annata in Val d’Ossola, e si sente. (90/100)

Valli Ossolane Superiore Nebbiolo Prünent 2021 Cantine Garrone. Solo nebbiolo; o meglio, solo prünent. Sprigiona un effluvio avvolgente di erbe di montagna. Eccola qui la Val d’Ossola in tutta la sua magnificenza botanica. (90/100)

Valli Ossolane Superiore Nebbiolo Prünent 2022 Cantine Garrone. Che eleganza, questo 2022! La bella vendemmia ha dato un rosso alpino dal passo aggraziato, che dona un’esplosione avvolgente di rose di maggio. (92/100)

Valli Ossolane Superiore Diecibrente 2022 Cantine Garrone. Non so se sia in commercio, io l’ho assaggiato dalla botte e mi sono segnato di cercarlo quand’esce. Macedonia di frutti, dal bosco all’agrumeto. Seduzioni officinali. Espressione di territorio. (94/100)