Urca, ho dato 90 punti a un bianco da uve piwi

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C’è sempre una prima volta per tutto. Ebbene, questa è la prima volta che mi capita di dare 90 centesimi di valutazione – ossia una classificazione d’eccellenza – ad un vino fatto con uve delle cosiddette varietà piwi, acronimo bruttissimo (viene da acronimo pilzwiderstandfähig) che identifica quelle viti che sono state ottenute da una ibridazione intraspecifica affinché siano resistenti alle malattie. Comunque, quando l’ho bevuto non lo sapevo che fosse un bianco fatto con le varietà piwi, e dunque non sono stato in alcun modo influenzato dall’informazione. Insomma, piwi o non piwi, m’è piaciuto proprio e lo riberrei di corsa.

Il vino viene dal lago d’Iseo, ma non è un Franciacorta. È un bianco “fermo” sotto l’igt del Sebino, nome antico del lago d’Iseo. Si chiama Zero Trattamenti e Residui sulle Uve, perché è proprio così, non vengono fatti trattamenti di alcun genere in vigneto, salvo quello per la cicalina,  effettuato con bacilllus thurigiensis, batterio naturale antagonista, e non si segnalano (conseguentemente) residui di fitofarmaci sulle uve.

A produrlo è l’azienda di Riccardo Ricci Curbastro, che ha sede a Capriolo. Le vigne sono delle varietà bronner, helios, johanniter e solaris, nomi cui forse occorrerà cominciare a fare abitudine, come si trattasse di chardonnay, sauvignon e roba del genere.

Orbene, il vino è croccantissimo di frutto bianco (la pesca nettarina quand’è ancora sul punto di maturare, la mela granny smith, l’albicocca appena appena matura) e succoso e intriso di vene erbacee e floreali (il sambuco) e ti coglie ad ondate la sua freschezza e sfodera un finale asciuttissimo e “serio” pur nel suo mettere in gioco una beva straripante. Solo 11,5 gradi di alcol, e anche questa è una bella cosa.

Sebino Bianco Zero Trattamenti e Residui sulle Uve 2016 Ricci Curbastro
(90/100)

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