Un Cerasuolo in anfora

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Ve l’aspettate l’ossidazione in un vino rosato? No? Neanch’io me l’aspettavo. Poi è accaduto. Intendo che ho bevuto un rosato dalla traccia ossidativa, e dunque quel che di più lontano e antitetico esista rispetto alla mia idea di rosato. Epperò mi è piaciuto, avvalorando la tesi che ci può sempre essere un’eccezione pronta a confermare la regola. Nel senso che io dalla regola del “mio” rosé chiaro di tinta e nervoso di freschezza e agrumato e secco non mi sposto, ma accetto l’eccezione, se l’eccezione ha qualcosa da raccontarmi.
Ordunque, l’eccezione è rappresentata da un Cerasuolo “naturale” fatto in anfora. Il Cerasuolo d’Abruzzo 2013 di Francesco Cirelli. Già, 2013, e dunque “vecchio” di tre anni, e anche questo è anomalo.
Orbene, il vino nel bicchiere s’è presentato con un colore granato, tra la melagrana e la buccia di cipolla, con delle striature aranciate. Al naso la cipria e la scorza d’arancia e una fitta trama di spezie dolci.
La bocca sapida, intrisa di frutti antichi del bosco, di muschio, di tracce di nocino, di vene ferrose che richiamano una linea piacevolmente ossidativa. Può essere piacevole un’incipiente ossidazione? certo che può, perbacco, se non pregiudica la beva ed è integrata, come in questo caso, da un gran sale.
Se lo riberrei? Certo, lo riberrei. Anche se sui rosé resto fermo sulle mie opinioni. Tuttavia, mica per caso il Cerasuolo si chiama così: la ciliegia non è mai rosa, ma invece richiama svariate sfumature del rosso. Magari granato, come in questo caso.
Cerasuolo d’Abruzzo 2013 Francesco Cirelli
(88/100)

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