Una storia di santi patroni e di vini essenziali

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Il patrono di Cirò Marina è san Cataldo. Mi dicono che la festa patronale, in maggio, sia particolarmente partecipata, con tanto di processioni religiose e di eventi laici e che a Cirò Marina siano in molti a portare quel nome di battesimo, Cataldo, in onore del santo.

Dei Cataldo di Cirò Marina ne conosco uno, e fa dei gran bei vini. Si chiama Cataldo Calabretta. Dice di rappresentare la quarta generazione di una famiglia di vignaioli, però è stato a fare esperienza fuori, prima a Milano per la laurea in enologia e viticoltura alla facoltà di agraria, poi in alcune aziende del settore. Quindi il ritorno a casa, la ristrutturazione della vetusta cantina di famiglia, il recupero delle vecchie vasche di cemento, la scelta del biologico, l’opzione “naturale”, le fermentazioni spontanee, la convinzione di investire sul rinnovamento della denominazione del Cirò.

Quel che mi affascina dei suoi vini è l’essenzialità. Se volete rendervi conto di cosa possa significare il lavorare “in sottrazione”, definizione che da qualche tempo a questa parte si legge qui e là, bevete un Cirò, rosso o rosato che sia, di Cataldo Calabretta. Un tratteggio lineare, una territorialità nitida, una caratterialità spiccata. Vini “seri”, che invitano al pensiero, alla riflessione, all’attenzione. Vini che vale la pena avere nel bicchiere.

Prendiamo il suo Cirò Rosato del 2017. Quando sostengo che il “vero” rosato è una categoria a sè stante, ed è dunque “altro” rispetto ai bianchi e ai rossi, intendo esattamente quant’è rappresentato in questa bottiglia. Un rosato stilizzato, con una ventata di freschezza quasi immediata e un finale asciuttissimo come voglio sempre trovato in un vino in rosa fatto come si deve, e sotto l’anima del gaglioppo, con quella vena agrumata e quella spezia sottilissima. Un “vino-vino” di tonalità leggera. Chapeau.

Mi è anche piaciuto molto il Cirò Classico Rosso Superiore Riserva del 2013. Dice Cataldo che la vigna è condotta secondo tradizione, e dunque scalzatura con aratro e zappatura manuale. Il vino affina per due anni nella vasca di cemento. Un rosso che chiede pazienza, attesa, anche al bevitore. Grintoso nella sua tannicità tuttora giovanile, espone quella terrosità speziata che trovo avvincente nei vini fatti col gaglioppo e sotto c’è un frutto che scalpita per potersi esporre, e il tempo gli darà altra ragione, me ne sento certo.

Cirò Rosato 2017 Cataldo Calabretta
(92/100)

Cirò Classico Rosso Superiore Riserva 2013 Cataldo Calabretta
(90/100)