Spero di aver capito un po’ meglio il Condrieu

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Vero, i vini fatti con l’uva del viognier sanno di pesca e quando sono ben fatti quella pesca è insieme succosa e croccante, come piace a me. Però c’è il viognier e ci sono i vini di terroir fatti col viognier e il massimo dei vini di terroir fatti col viognier si trovano nell’alta valle del Rodano, nella denominazione di Condrieu.

A me il Condrieu generalmente piace, e anche parecchio, ma non riuscivo a capire perché un bianco di quella struttura dopo qualche anno andasse gradualmente a spegnersi, ad appiattirsi. Per me che prediligo i vini che prendono il tempo che gli serve questo era un mistero.

Finché la scorsa estate ad Ampuis, in casa Gerin, nome giustamente apprezzatissimo del mondo del vino di quelle parti, non ho avuto una risposta definitiva e categorica, che ha spento ogni mio dubbio: “Il Condrieu non è un vino da invecchiare, va bevuto tra la sua uscita e i cinque anni”. Capito, e mi atterrò a questa regola d’ora in poi. Perché, ripeto, il Condrieu mi piace parecchio, e dunque me lo voglio godere al meglio.

Tra i Condrieu, i due che fa Jean-Michel Gerin sono esemplari ed esemplificativi, come del resto lo sono gli altri suoi vini (e soprattutto i suoi Côte-Rôtie).

L’uno dei due Condrieu, La Loye, viene da vigne trentenni ed è esattamente quel che ho in mente quando penso a un Condrieu. Fruttatissimo e minerale. Più fruttato che minerale. Pieno, formoso e anche, insieme, elegante.

L’altro, che viene dal “lieu dit” Les Eguets, è figlio di una vigna decenne, una parcella di mezz’ettaro al centro dell’appellation. Duemila bottiglie appena. Per me spiazzante, meno fruttato, più dritto e anche più caldo.

Condrieu La Loye 2018 Jean-Michel Gerin
(90/100)

Condrieu Les Eguets 2018 Jean-Michel Gerin
(88/100)