Noventa, che ha la brillantezza dei marmi di Botticino

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Lo conoscete il marmo di Botticino? Dalle mie parti si usa un sacco, del resto qui da me siamo vicini alla provincia di Brescia, e Botticino è nella pedemontana bresciana, a metà strada tra la città e il lago di Garda. Ci estraggono pietra, praticamente da sempre. Ed è famoso, questo marmo. Per esempio, l’Altare della Patria, a Roma, è stato fatto con materiale cavato qui. Se leggete la descrizione, vedrete che ne parlano come di un “calcare micritico compatto di colore beige”. Micritico è un aggettivo difficile. Significa che è fatto di micrite, e la micrite ha minuscoli, microscopici cristalli, che riflettono luce.

Ecco, io penso che un po’ di quella brillantezza cristallina la si ritrovi anche nei vini rossi che lì a Botticino, nella frazione Mattina, fa Pierangelo Noventa. Le uve sono quelle che si sono acclimatate da altre terre in questo lembo di terra bresciana e nella vicina riviera valtenesina, ossia barbera, marzemino, sangiovese e magari un po’ di schiava gentile, che una volta era ben diffusa anche in tutta la fascia prealpina a ridosso del Trentino.

A Botticino le vigne sono ormai ridotte a poca cosa, la denominazione d’origine ha appena un centinaio di ettari. Un tempo questo era il serbatoio vinicolo della città di Brescia e i contadini andavano a vendere casa per casa. Poi tutto è cambiato e chi sta ancora lì a fare vino è spinto anche dalla passione e magari perfino da un po’ di sano orgoglio e dunque ti danni l’anima per tirarci fuori il meglio, da quelle vigne.

Bene, i vini di Noventa sono bellissime espressioni della resistenza viticola di Botticino. Non uso il superlativo tanto per favore. Se dico che sono interpretazioni bellissime è perché così le intendo, e chi volesse comprendere come alcune aree e denominazioni ritenute marginali possano dare invece delle gemme, be’, guardi con interesse a questa cantinetta bresciana e al suo territorio. Con profondo interesse, sottolineo.

Quella del Gobbio è l’etichetta più famosa di Noventa, premiata dalle guide. La vigna sta proprio sopra alle cave, qualche ceppo è secolare. Ma a me è piaciuto soprattutto il Pià de la Tesa, da vigne trentenni che stanno appena su un palmo di terra e poi c’è tutta pietra. Perché il primo ha in effetti una tensione notevolissima, ma l’ho trovato – come dire – un po’ frenato dal legno, mentre nell’altro per me c’è un’indole di consistente eleganza, è seta. Il terzo Botticino di casa è il Colle degli Ulivi, viene da un vigneto ventenne ed è l’interpretazione più rusticheggiante, con un tannino vivido e una gran beva. Bei vini, bravi.

Botticino Colle degli Ulivi 2017 Noventa
(87/100)

Botticino Pià de la Tesa 2016 Noventa
(92/100)

Botticino Gobbio 2017 Noventa
(88/100)