Il Grignolino di Spertino e i vini che finiscono in -ino

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Che in casa Spertino si usasse l’anfora per vinificare la selezione di Grignolino intitolata all’ava Margherita Barbero non lo sapevo finché non mi sono messo a cercare informazioni su questa bottiglia stappata e molto presto finita. Però quando le bottiglie vengono svuotate in un battibaleno è segno che il vino è buono di suo e dunque in casi come questo non sono particolarmente interessato a sapere quale sia stata la tecnica di vinificazione o di affinamento. Non si continua forse a dire che il vino deve saper parlare da solo?

Detto questo, che è però una specie di mantra, per me, vengo al vino. Evidentemente il mio destino è che mi piacciano i vini che finiscono in -ino (anche destino finisce in -ino, a dire il vero, e anche Spertino ha la stessa desinenza in -ino, guarda un po’). Qualche anno fa ho perfino inventato la parola vinino (vino finisce in -ino, vinino a maggio ragione termina in -ino), vedete voi. Il Grignolino dunque era giocoforza che mi piacesse.

Questo qui è un classicissimo vino da merende, da mensa casalinga anche. Nel senso che non si formalizza e accompagna il cibo e la chiacchiera senza alcuna prevaricazione, anche se non gli manca un suo bel carattere, in questo caso reso manifesto da una presenza tannica che rusticheggia il giusto per confermarne l’indole contadina. Nel calice traspare il colore mattone chiaro delle facciate dei cascinali di campagna, bruciati da sole. Poi è fruttino e fiori secchi e un che di erbe alpestri. Magari non ci badi, a questi dettagli, mentre il vino te lo godi beatamente seduto coi piedi sotto la tavola, ma poi t’accorgi che la bottiglia è vuota, e allora sì che ci rifletti.

A proposito, la mia bottiglia era del 2016 e il tempo ha aggiunto quel che di completezza in più.

Grignolino d’Asti Margherita Barbero 2016 Luigi Spertino di Spertino
(90/100)

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