il buono di Cour-Cheverny, solo 60 ettari di romorantin

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Se siete stati a visitare i castelli della Loira, quasi sicuramente siete passati da Cheverny. È una delle tappe immancabili del tour. Del resto, merita.

Forse è meno probabile che abbiate bevuto i vini dell’appellation di Cour-Cheverny, che dalle nostre parti non gode di grande notorietà e che è anche a dire il vero microscopica. In tutto sono intorno ai 60 ettari di vigneto. Avete letto bene, 60 ettari, un fazzoletto. Ma un fazzoletto spezzettato addirittura su una decina di comuni. Incredibile.

Attenzione, parlo di Cour-Cheverny, non dell’appellation Cheverny, che è un po’ più grande, anche se alla fin fine è intorno appena a meno di 600 ettari anche quella.

Ebbene, la denominazione di Cour-Cheverny prevede solo vini bianchi e fatti solo con le uve di romorantin, una varietà locale.

Ne ho acquistato qualche bottiglia al wine shop che i produttori locali hanno aperto in un vecchio casolare a fianco della biglietteria del castello. Ci si possono anche fare delle degustazioni. Ora ho aperto il Cour-Cheverny Le Bois Doré 2013 di Renaud Dronne, che in etichetta si definisce vigneron récoltant. Un bel vino.

La cosa che più mi ha stupito di questo vino è che sa intensamente di mare. Ora, in quella zona il mare non c’è. Anzi, è piuttosto lontano. Però il vino sa di mare, di iodio, di alghe, di ricci. Tanto che al primissimo impatto di spiazza. Poi lo riassaggi e ti convinci.

Questa cosa la posso definire mineralità? Ecco, è minerale, e salato, tanto. Poi, sa di fiori. Parecchi fiori di campagna, selvatici. Ha anche una discreta morbidezza, che trova però compensazione in una freschezza consistente. Ha poi una lunghezza notevole davvero.

Udite udite, allo shop della Maison des Vins de Cheverny la bottiglia viene intorno ai 9 euro.

Vale la pena approfondirla, credo, questa minuscola aoc della Loira. Vale la pena provarli questi bianchi fatti col romorantin.

Cour-Cheverny Le Bois Doré 2013 Renaud Dronne
(91/100)

 

 

 

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