Questa è la recensione di un libro uscito da poco e già premiato con il Premio Biblioteca Bruno Lunelli. Nello stesso tempo, vi si può intravedere una sorta di manifesto politico, qualora l’aggettivo “politico” non venga inteso nel senso delle appartenenze di schieramento, ma in quella di una lettura prospettica di un territorio o di un ambito economico.
Il libro ha un titolo che in parte può apparire limitante, “Raccontare il Trentino del vino“. In realtà, racconta il vino in sé, e la richiamata trentinità vinicola, pur presente, ne diviene quasi una metafora. Insomma, va letto da chiunque sia interessato alla cultura del vino, perché ha una valenza universale, e le specificità progettuali o descrittive che riguardano il Trentino possono essere agevolmente mutuate da chi appartenga a diversi territori.
Gli autori sono tre, tutti trentini. Si tratta di Attilio Scienza, docente, ricercatore e tant’altro in materia vinicola (è anche presidente del Comitato nazionale vini), Nereo Pederzolli, giornalista nei cui confronti ho molti debiti di riconoscenza per quanto mi ha insegnato e per la stima che mi riserva, e Rosa Roncador, archeologa per studio e oggi attiva nella promozione enoturistica. Dal mettere a fattor comune l’eterogenea formazione dei tre, deriva un mosaico di informazioni che consente una lettura del tutto personalizzata dei testi, piluccando ghiottamente di qui e di là secondo la curiosità (o la necessità informativa) del momento. Gli agili capitoli introduttivi dedicati al cosiddetto storytelling (e quindi ai contenuti, ai metodi e agli strumenti della narrazione) e al concetto a me molto caro della sinestesia (che agisce attraverso l’evocazione di reazioni sensoriali multiple), oppure la trattazione delle origini stesse del vino e della sua diffusione tra i popoli, trovano un’applicazione universale, che supera dunque i confini provinciali. Affermare, poi, nell’intitolazione di un ulteriore capitolo, che “bere vino è un atto culturale“, presuppone un punto di vista che mi trova del tutto concorde, stante che vado continuamento sostenendo che quella che riguarda il vino sia materia umanistica. È alla luce di questa sorta di dichiarazione d’intenti che Scienza, Pederzolli e Roncador conducono il lettore dapprima a esplorare, con dovizia di dettagli e chiarezza illuminante, la storia antica del vino trentino, e poi le molte evoluzioni e influenze che hanno condotto sino alla contemporaneità.
Anche l’analisi del Trentino contemporaneo, tuttavia, rimanda continuamente alle vicende storiche, e non può che essere così, stante il taglio cui ho accennato sopra: sono convinto che siamo tutti la sintesi di chi ci ha preceduto, e ricordarcene ci fa tenere i piedi ben piantati per terra, scevri da pregiudizi. In tal senso, è indovinatissima la definizione, che traggo dal libro, del “territorio come sedimento storico“, e tali sedimentazioni sono prima di tutto antropologiche, umane, e poi anche geologiche, climatiche, colturali o enologiche. Poggia su questo il concetto stesso di terroir che nel volume si ammette nascere “da un’esperienza quotidiana, empirica e difficilmente valutabile dai moderni metodi d’indagine“. Da qui discende, secondo i tre autori, un’affermazione molto netta, che a mio avviso va proposta e riproposta a chiunque si occupi di vini: “Il terroir, attraverso la conoscenza del funzionamento dei suoi costituenti, deve diventare il paradigma interpretativo dei valori intrinseci dell’uva dove le doti umane dominano le peculiarità ambientali“. Ci sarebbe da meditarci a lungo, preferibilmente, dico io, seduti a un tavolo con dei bicchieri di vino territoriale da bere.
Più specifiche della realtà provinciale sono le schede descrittive dei singoli paesaggi viticoli trentini, nonché dei vitigni che vi sono principalmente coltivati. Ma è certamente coraggiosa, in una provincia che ha visto drammaticamente descrescere la coltivazione delle varietà antiche del luogo, soppiantate soprattutto dal pinot grigio, l’affermazione che “queste varietà devono ritornare ad essere le protagoniste dello sviluppo agricolo ed economico delle popolazioni locali“. Se solo questa frase entrasse a pieno titolo nella pianificazione viticola trentina, il libro di Scienza, Pederzolli e Roncador assumerebbe il senso compiuto di una pietra miliare. Siccome sono convinto che l’impossibile non esista, confido in un risveglio delle coscienze che ne renda possibile la concretizzazione.
Libro da leggere, da studiare, da meditare.
Attilio Scienza, Rosa Roncador, Nereo Pederzolli, “Raccontare il Trentino del vino”, Publistampa Edizioni, Pergine Valsugana 2023 – 30 euro