Un bicchiere per ogni vino, i Winewings di Riedel

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I calici hanno la capacità di trasformare un vino. Da un lato ne esaltano le caratteristiche peculiari, dall’altro ne possono rovinare le pur grandi qualità. E questo lo si percepisce chiaramente in queste occasioni. Chiaramente non è pensabile avere sei o dodici calici per ogni varietà di vino sul mercato, ma è altrettanto vero che alcuni modelli sono più versatili e arrivano a coprire un certo numero di vitigni. Ci sono poi i calici universali che bene o male fanno il loro onesto lavoro. Volendo bastano sei-dodici bicchieri da bianco e altrettanti da rosso, e il più e fatto.

Poi, ci sono alcuni bicchieri particolarmente interessanti, come i Riedel della collezione Winewings. Ho potuto provarli nel corso di una masterclass piuttosto formativa di Riedel tenuta all’interno del Grand Tasting di Parigi e adesso che ho avuto modo di rimettere mano ai miei appunti, voglio parlarvene.

Come ha spiegato Victor Ulrich, direttore di Riedel France, questa collezione, caratterizzata dal fondo piatto, seguito da due curve, vuole nelle intenzioni andare a sottolineare la mineralità dei vini. La prima cosa che mi viene da dire è che siamo di fronte alla consacrazione del termine mineralità, fino a poco tempo fa quasi inutilizzato, e oggi direi abusato. La seconda cosa che mi viene da dire è che mi pare improbabile che ogni vino che versiamo abbia la mineralità come caratteristica saliente. Quindi sarebbe più prudente usare questa capacità rivelatoria solo nel caso di vini di grande qualità o intrinsecamente dotati di questa caratteristica. Onestamente io non sono riuscito a individuare una maggiore percezione in questa direzione.

Di seguito, illustro le mie impressioni riscontrate nell’assaggio di tre vini in diversi bicchieri.

Péssac-Léognan bianco, 100% sauvignon. Assaggiato in un bicchiere di carta il vino è olfattivamente muto, al palato si sentono solo l’acidità e l’amaro. Nel bicchiere da sauvignon risalta il varietale, con fiori di sambuco e frutta, pesca e mandarino. Il legno è equilibrato. Palato preciso, buona acidità fusa con il frutto e finale di frutta tropicale Nel bicchiere da chardonnay (ha un diametro di apertura più ampio) si sente una nota di burro che, guarda caso, fa subito pensare a uno chardonnay. Si è persa molta freschezza, il vino è meno preciso. Il palato è dolce, sa di panettone, ha una acidità diversa ed è sbilanciato. Insomma il vino è totalmente cambiato.

Nuits-Saint-Georges, 100% pinot nero. Nel bicchiere di cartone ancora un vino piatto e morto. Bicchiere da pinot noir: frutto maturo, una nota fumé, fiori, insieme gradevole che invita a bere; al palato un frutto esplosivo, buona acidità. Bicchiere da cabernet sauvignon: si sono persi quasi tutti gli aromi; acidità e tannino sono più violenti e invadono il palato che è molto rigido e privo di frutto. Nel bicchiere da chardonnay il frutto è meno preciso e meno presente, ma il risultato è migliore del precedente. In sintesi, il calice da pinot porta il vino sulla punta della lingua, attenua il tannino e lo mette in equilibrio con il frutto e l’acidità.

Margaux 2015, 72% cabernet sauvignon. Nel calice da cabernet sauvignon il legno è quasi assente, il frutto si associa alla grafite e ai fiori. Un tannino equilibrato e l’acidità che occupa tutto il palato. Il finale ricompone le sensazioni in un insieme molto fine. Nel bicchiere da pinot il vino perde quasi tutti gli aromi e i tannini si fanno invadenti e rigidi. Con il bicchiere da sauvignon le cose vanno meglio, con meno aromi e meno complessità.